01 agosto 2017

Dopo la riapertura del Teatro Marittimo di Villa Adriana parla il direttore Andrea Bruciati. Anticipazioni sul futuro, e su un gran lavoro da fare

 

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Avevamo lasciato Andrea Bruciati all’indomani della sua elezione tra i superdirettori MiBACT. E del suo contestuale saluto ad ArtVerona, la fiera d’arte moderna e contemporanea da lui catapultata nell’esclusivo palmarès di quelle poche che contano davvero in Italia. E lo ritroviamo saldo, in quel di Tivoli, alla guida dell’ammiraglia che risponde al nome dell’Istituto autonomo di Villa Adriana e Villa d’Este. L’occasione è stata la presentazione al pubblico del restauro del Teatro Marittimo e della Sala dei Filosofi, due spazi dedicati al pensiero, alla meditazione, alla riflessione, tra i più amati dall’imperatore Adriano nella celebre Villa che ne porta il nome. «Qui sono come un marziano catapultato sulla Terra». esordisce Bruciati nell’intervista rilasciata ai nostri microfoni, con il suo consueto sense of humor
Com’è stato il primo impatto con il nuovo incarico qui a Tivoli?
«Ho subito maturato la consapevolezza di trovarmi di fronte a una grandissima sfida. Poi mi sono imbattuto in un terremoto, anche emotivo, per le abitudini che avevo, per la mia quotidianità».
Com’è cambiata la quotidianità?
«Completamente. Lavoro 14 ore al giorno. Anche il fine settimana mi piace seguire le strutture che sono aperte».
Cosa ti ha sorpreso positivamente e cosa negativamente?
«Positivamente la mole di lavoro che ho davanti. Negativamente la mole di lavoro che ho davanti».
Hai dichiarato di voler portare nei siti che dirigi il presente. Cosa hai in mente?
«Rispondo con una sola parola: inclusività. Per far sì che i cittadini possano usufruire appieno di questi luoghi, a partire dalla riapertura delle aree che, fino a oggi, sono state chiuse o dismesse. Dopo il Teatro Marittimo e la Sala dei Filosofi, sarà a seguire la volta della Mensa Ponderaria nel centro di Tivoli. Tra i risultati già raggiunti c’è l’apertura anche il lunedì di Villa d’Este, dopo vent’anni di chiusura il primo giorno della settimana. Non è accettabile, infatti, che un turista arrivi davanti alla Villa e la trovi chiusa. Ma dobbiamo ancora risolvere tanti altri problemi. Tra i primi quelli logistici e di collegamento. Penso, per esempio, all’istituzione di un servizio di bus-navetta per collegare le due ville tra loro e con la stazione ferroviaria locale per incentivare l’arrivo dei turisti in treno».
Sembra un piano di guerra per incrementare il numero dei visitatori…
«No, non inseguo i numeri e questo è nel mio DNA. Già, peraltro, ne abbiamo di importanti. Tra le due ville totalizziamo seicentomila visitatori all’anno. Il mio impegno mira invece a progettare e a realizzare un modello alternativo, con una visuale sempre diversa dal mainstream. A partire da una piattaforma, una rete tra il comune di Tivoli, tutte le strutture che gestisco e la cittadinanza. Per esempio, mi piacerebbe che questi siti meravigliosi siano fruiti da ogni tipo di utente. Anche da persone che normalmente accedono con grande difficoltà alla cultura. Penso ai diversamente abili, e a coloro che hanno problemi cognitivi. In questi luoghi ci sono per loro delle potenzialità che ritengo, per certi punti di vista, quasi lenitive».
Chi ti conosce bene sa che stai pensando anche a dei progetti con l’arte contemporanea. Qualche anticipazione? 
«Nel 2018, a fine anno, realizzerò una mostra sul mito dei Niobidi».
È stato recentemente pubblicato il programma e l’elenco delle gallerie che parteciperanno alla prossima edizione di ArtVerona. La fiera che hai lanciato e di cui hai passato il testimone ad Adriana Polveroni. Cosa pensi delle prime avvisaglie di questo nuovo corso?
«Mi sembra che ArtVerona stia crescendo da un punto di vista galleristico. Faccio un “in bocca al lupo” ad Adriana Polveroni che stimo, e spero che abbia il coraggio di osare e di dare vita a un modello alternativo di fiera, perché questa è sempre stata la mia più stringente necessità».
(Cesare Biasini Selvaggi)

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