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Per l’appassionato di calcio, l’estate è una parentesi di follia tra un campionato e l’altro. Da una parte il calciomercato, trattative imprevedibili, presidenti bizzosi, calciatori viziati, milioni di miliardi di euro, numeri misteriosi come la cabala che volano dal corriere alla gazzetta, formato rigorosamente cartaceo, da portare con spavalderia sotto al braccio, in bella mostra fin sotto l’ombrellone. E poi, da qualche anno a questa parte, le insondabili tournee estive nei luoghi più improbabili, poco inclini al calcio. Così, la fede calcistica invita il tifoso a un viaggio lungo i quattro angoli del mondo, comodamente dal divano o dal lettino, Juventus negli Emirati Arabi, Manchester United in India, Real Madrid negli Stati Uniti, Fiorentina in Azerbaijan, Pro Patria in Indonesia, Spal in Kamchatka. Il Risiko del calcio non conosce confini, la cultura pallonara è globale, la sua impetuosa corrente economica non ha bandiere. Tant’è che le due squadre di Milano, Inter e Milan, il fiore all’occhiello della Serie A e delle migliori competizioni europee, tradizionalmente identificate con l’imprenditoria italiana, Berlusconi e Moratti, giusto per fare i nomi più recenti, sono passate in mani asiatiche. Li Yonghong, imprenditore cinese dai capitali enormi e poco chiari, è il nuovo presidente dei rossoneri, mentre la Suning Holdings Group, che nel 2014 è risultata la società privata più ricca della Cina, è la proprietaria dei nerazzurri. E così, per rinsaldare il legame, l’Internazionale FC disputerà alcune amichevoli di un certo prestigio negli stadi del colosso asiatico, strutture all’ultimo grido ma timidamente frequentate, sperando di far appassionare nuovi tifosi. Proprio per questo, nessun particolare piò essere tralasciato, a partire dal logo disegnato sulle maglie che i giocatori indosseranno in occasione dei match, un ideogramma che rappresenta il concetto di ritorno a casa. E visto che anche l’arte supera ogni differenza linguistica e geografica, perché non trasformare il trofeo in un’opera? Se ne occuperà Daniele Basso, autore di un’opera-trofeo che con la sua superficie specchiante, in acciaio, intende rappresentare un mondo aperto, in divenire. ‹‹Ad interessarmi – ha dichiarato Basso – è l’aspetto umano nello sport: il superamento dei limiti. Quella spinta potente che traghetta l’uomo oltre. Lo specchio e le sfide››.