28 agosto 2017

Oggi, il Grand Tour

 
Viaggio in Italia tra i teatri storici fotografati da Hiroshi Sugimoto e le più recenti ricerche artistiche della penisola, nelle due mostre alla Fondazione Sandretto

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Nell’accaldata estate torinese la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo presenta al pubblico la personale del maestro della fotografia contemporanea Hiroshi Sugimoto e la mostra collettiva che conclude l’undicesima edizione del progetto di Residenza per Giovani Curatori Stranieri. Due progetti differenti e autonomi quanto complementari nella capacità di condurci in un viaggio nell’attualità del patrimonio artistico italiano, secondo lo sguardo attento di un artista e tre curatori provenienti da Paesi stranieri.
A cura di Filippo Maggia e Irene Calderoni, “Le Notti Bianche” presenta un’inedita serie di venti fotografie in bianco e nero scattate da Sugimoto in teatri storici italiani, visitati dal fotografo nel corso degli ultimi tre anni. Questa raccolta rappresenta l’ultimo capitolo di una processualità che accompagna l’artista sin dai suoi esordi negli anni Settanta, quando si datano le sue prime fotografie scattate all’interno di teatri e poi nei drive-in, luoghi trasfigurati in cornici architettoniche che accolgono al loro interno grandi schermi bianchi e luminosi. Interessato a registrare in fotografia lo scorrere del tempo di una pellicola cinematografica, da allora Sugimoto fa proiettare un film sullo schermo fotografandolo con tempi di esposizione dilatati in base alla durata della pellicola, trasformando le sequenze filmiche in un’unica immagine fotografica. Analogamente “Le Notti Bianche” si compone di fotografie raffiguranti l’interno di un teatro in penombra sul cui palcoscenico è collocato uno schermo da cui irradia una luce che, rischiarando lo spazio circostante, rende possibile la realizzazione della fotografia stessa. Il flusso temporale del film, scandito tra scene, personaggi, oggetti, figure e storie che lo costituiscono, nel silenzio e nella solitudine di un teatro deserto, diventa unico e statico fotogramma. In questa azione si rilegge il ribaltamento secondo cui il medium fotografico, antesignano del cinema, prende il sopravvento ripristinando la propria autonomia artistica. La scansione che corrisponde al concetto di immagine-tempo è da lui contratto in un gioco di sovrapposizioni generante una nuova immagine, somma e sintesi ma anche elemento evocativo di un mondo altro ed enigmatico. Sfruttando l’incidenza del medium fotografico nella riflessione sul tempo, Sugimoto porta l’osservatore in una scatola cinese caratterizzata dall’ambiguità dei livelli, tra supporto fotografico e scena rappresentata. 
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Hiroshi Sugimoto, Le notti bianche, exhibition view, foto Giorgio Perottino, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Ad avvalorare questa costruzione di rimandi concorrono le fotografie scattate alla platea e alla galleria dei medesimi teatri, vera novità presentata in questa esposizione. Di fronte alla bellezza dei teatri storici italiani, per la prima volta Sugimoto ha fotografato anche gli ingressi nelle sale teatrali, collocati in mostra di fronte agli scatti che ritraggono i rispettivi palcoscenici secondo una scelta di allestimento minimale e che si dimostra adeguata a trasmettere il carattere riflessivo del lavoro. Tra le opere d’arte presenti sul territorio italiano, i teatri storici rappresentano una peculiarità del patrimonio artistico che nel corso dei secoli ha ricevuto attenzioni e riconoscimenti tanto per le rappresentazioni che vi si mettevano in scena quanto per le architetture che le ospitavano. Ad essi l’artista ha rivolto la sua attenzione ritraendo in scatti di estrema raffinatezza luoghi di grandissima importanza come il Teatro Olimpico di Vicenza e il Teatro all’Antica di Sabbioneta di fine cinquecento, i seicenteschi Teatro dei Rinnovati di Siena e Teatro Farnese di Parma, il settecentesco Teatro Scientifico del Bibiena di Mantova e il Teatro Carignano di Torino, e infine il teatro Villa Aldrovandi Mazzacorrati di Bologna, dove Sugimoto ha fatto proiettare il film Le notti bianche girato dal regista Luchino Visconti nel 1957, ispirato all’omonimo racconto giovanile di Fëdor Dostoevskij. Due riferimenti che non appaiono così casuali dato il carico romantico che accomuna la storia narrata dallo scrittore russo e quella fotografica di Sugimoto, attraversate entrambe da un forte senso di malinconia, scosse da un’impalpabile percezione di grandezza eppure risolte nella tacita osservazione del mutare delle forme. 
Oltre al film da cui ha preso il titolo la mostra, Sugimoto ha proiettato classici del cinema italiano nei teatri storici, tra cui Le notti di Cabiria di Federico Fellini e Salò e le 120 giornate di Sodoma di Pierpaolo Pasolini, ma importanti elementi della cultura italiana contemporanea emergono anche nel progetto espositivo “A house halfway” curato da Andrew de Brún, Inês Geraldes Cardoso e Kateryna Filyuk
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Hiroshi Sugimoto, Le notti bianche, exhibition view, foto Giorgio Perottino, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Evento finale della Residenza per Giovani Curatori Stranieri, coordinata fino a quest’anno da Lorenzo Balbi recentemente nominato direttore del polo museale di Bologna, la mostra riassume la percezione che i tre giovani curatori stranieri hanno avuto dell’Italia dopo averla percorsa per mesi. Il tema dominante dell’esposizione riguarda il concetto della casa a metà, cioè di quel luogo in cui ci troviamo a vivere attendendo di prendere un altro percorso, o il momento dell’attesa e del riposo ma anche l’idea del viaggio come attraversamento di una spazialità inesplorata. In questo senso la casa a metà può essere interpretata quale metafora dell’esperienza vissuta dai curatori stessi, ma soprattutto immagine di un paese da visitare e conoscere, idea quest’ultima che si applica perfettamente al caso italiano, meta turistica internazionale per la fama della sua cultura millenaria.
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A house halfway, exhibition view, foto Giorgio Perottino, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
La selezione compiuta dai curatori include opere di Afterall, Elisabetta Benassi, Francesco Bertelé, Ludovica Carbotta, Paolo Chiasera, Gandolfo Gabriele David, Nicolò Degiorgis, Francesca Grilli, Elena Mazzi e Rosario Sorbello, Stefan Milosavljeic e Carmelo Nicotra. Undici artisti italiani, emergenti e non, alcuni in mostra con nuove opere realizzate appositamente, altri con lavori precedenti. La collettiva è caratterizzata da una molteplicità di ricerche artistiche e di tematiche dal taglio sociale, che sembrano suggerire un intento curatoriale interessato a centrare la propria indagine sull’attualità socio-politica del paese. La sala espositiva principale è visivamente dominata da I giardini di Sardegna, Cipro e Gerusalemme di Paolo Chiasera, opera pittorica dal forte impatto immaginativo e dalle dimensioni imponenti, raffigurante un giardino notturno abitato da animali e iscrizioni evocativo delle civiltà antiche che hanno abitato il territorio italiano nei secoli passati. Concepita dall’artista come luogo di incontro tra diverse civiltà ed epoche, il lavoro di Chiasera è stata pensato per accogliere opere di altri artisti, in base all’occasione espositiva. Nel caso di “A house halfway” l’opera incornicia idealmente l’insieme di lavori che rappresentano un crogiolo di culture e immaginazioni, partecipando alla formazione di un crocevia tra i luoghi di provenienza e di lavoro degli artisti. Ne derivano diverse interpretazioni del tema della casa, come accoglienza e condivisione per i progetti relazionali e partecipati immersi nella collettività, di cui si occupa Gandolfo Gabriele David in mostra con Bet_Lehem/Bread House, ma anche luogo di memorie e occasione di riflessione sul tema del confine politico e sentimentale tra nazioni, come evocato nell’installazione sulla guerra dei Balcani intitolata Even the walls know your lies di Stefan Milosavljevic. Il tema della casa interpretabile come luogo di contaminazione, convivenza e scontro culturale è affrontato da 479 comments di Nicolò Degiorgis, parte del suo progetto Hidden Islam dedicato alla presenza delle moschee e della popolazione musulmana nel nord Italia. 
E così anche quest’anno la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo conferma la sua missione di investire sulle giovani generazioni, portando concretamente tre professionisti emergenti di livello internazionale in giro per l’Italia in un viaggio di tre mesi, per visitare esposizioni, musei e studi, e per conoscere personalmente i lavoro e gli artisti che caratterizzano la scena italiana attuale. 
Alessandra Franetovich
In home page: Hiroshi Sugimoto, Le notti bianche, exhibition view, foto Giorgio Perottino, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo
Sopra: A house halfway, exhibition view, foto Giorgio Perottino, courtesy Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

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