28 agosto 2017

Quer pasticciaccio brutto de via Curtatone

 
Mentre è ancora accesa la polemica sui metodi dello sgombero a Roma di Palazzo Curtatone, emergono nuovi, inquietanti particolari sull'occupazione abusiva dell'immobile negli ultimi quattro anni

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Spero che Carlo Emilia Gadda mi perdoni per essermi ispirato al titolo del suo famoso romanzo giallo. Ma anche la vicenda di cui trattiamo oggi è divenuta un giallo, dai contorni inquietanti, con tanto di colpi di scena e di difficile soluzione. Nel nostro caso, però, è tutto drammaticamente vero. E conferma come la realtà sceneggi più e meglio della fantasia di qualsiasi sceneggiatore. La vicenda è ormai nota. Siamo a Roma. Esattamente a pochi passi dalla Stazione Termini. A Palazzo Curtatone, tra via Curtatone, via Goito, piazza Indipendenza e via Gaeta. La sede storica della Federconsorzi e dell’Ispra. Non un edificio qualunque. La Sovrintendenza, infatti, l’ha vincolato da tempo, in quanto è un gioiello architettonico di stampo razionalista (più di 32 mila metri quadrati), costruito negli anni Cinquanta su progetto degli architetti Aldo Della Rocca, Ignazio Guidi, Enrico Lenti e Giulio Sterbini, e decorato con le sculture di Pericle Fazzini. Nel 2011 una Sgr immobiliare, Idea Fimit, lo acquista per 75 milioni provenienti da uno dei fondi gestiti, il Fondo Omega, sottoscritto da investitori istituzionali e da fondi pensione. Dall’ottobre 2013 l’immobile viene occupato abusivamente da centinaia di profughi provenienti soprattutto dal Corno d’Africa, che si stipano o, meglio, vengono stipati al suo interno con tanto di fornelli e bombole di gas. Da allora per la proprietà, tra cui fondi pensioni, quindi i soldi delle pensioni di migliaia di lavoratori, la perdita si aggira dai 3 ai 4 milioni di euro, calcolando solo le spese sostenute per le utenze (che non è stato possibile staccare), le tasse di proprietà e le spese d’amministrazione. Giovedì scorso è stato compiuto lo sgombero da parte delle forze dell’ordine. Le modalità sono state criticate da alcuni perché ritenute troppo violente (stando a Medici Senza Frontiere ci sarebbero stati “almeno 13 rifugiati feriti”). Per altri comunque è stata ripristinata la legalità, con la tutela della proprietà privata, a cui non può derogare l’accoglienza di profughi o rifugiati. A prescindere da come la si pensi, un dramma sociale è stato così ridotto a questione di ordine pubblico. E questo non va. Nell’attesa di sapere quale sorte toccherà ai circa 400 profughi mandati via, mentre è al primo tempo la partita dello “scarica barile” istituzionale delle responsabilità, emergono dei nuovi particolari sull’occupazione di Palazzo Curtatone negli ultimi quattro anni. Una probabile reception dotata di PC per la registrazione delle presenze degli “ospiti”, dei badge d’ingresso, un presunto tariffario per passare la notte. Si parlerebbe di dieci euro al giorno. Peccato che fosse tutto abusivo. Un “affitto” che, se fosse confermato, andrebbe chiamato pizzo. E, poi, pagato a chi? Questa ipotesi è al vaglio di Digos e Carabinieri dopo il ritrovamento, all’interno del palazzo sgomberato, di una serie di ricevute che certificherebbero i presunti pagamenti. La Procura farà chiarezza su questo presunto racket. Peraltro, a oggi, smentito dagli occupanti. La parte lesa. Anche in questo. Perché Roma, da anni, non riesce a varare un piano per l’accoglienza. Perché l’inclusione di migranti “economici” (come vengono chiamati oggi), rifugiati e richiedenti asilo nelle nostre comunità è un’utopia. A tal punto che Mussie Zerai, il sacerdote e attivista eritreo, rivolgendosi al ministro Minniti, è arrivato a chiedere di considerare gli occupanti, oggi ex, di Palazzo Curtatone, quelli che abbiamo visto affacciarsi dal terrazzo decorato dallo splendido fregio bronzeo di Fazzini, degli “esseri umani”. Evidentemente preoccupato che ce ne fossimo dimenticati. (Cesare Biasini Selvaggi)

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