01 settembre 2017

Venezia, 74esima mostra del cinema/3. Tra favole rettiliane e reverendissimi tormenti

 

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Una favola romantica intrisa di risvolti sociali, definita dal regista «un antidoto al cinismo e alla paura», utile per capire allora come di questi tempi, il bel film The Shape of Water diretto dal regista messicano Guillermo Del Toro, per la prima in gara alla Mostra di Venezia. Pubblico attento che, alla fine, applaude quasi commosso alla storia, equilibrata nel racconto quasi pop, che ci cala nel periodo della guerra fredda, tra razzismo, differenze sociali e machismo ma con lo stile fantasy e trovando il filo conduttore nell’accettazione del diverso, nel coraggio dei buoni sentimenti, nel rispetto per i più vulnerabili e nel trionfo dell’amore. Ci porta all’eccezionale attraverso dei semplici gesti che tutto rappresentano e ci narra come una semplice addetta alle pulizie di un centro scientifico nazionale, muta per una ferita d’infanzia, salverà una specie di mostro anfibio, reputato repellente e destinato alla soppressione dalla comunità al potere ma con il quale lei riesce a stabilire un rapporto che salverà anche se stessa dalla solitudine e l’emarginazione. Del Toro abbandona il suo stile horror per una favola a lieto fine. 
In First Reformed, di Paul Schrader, assistiamo ai tormenti esistenziali e alla crisi religiosa di un affascinante e schivo reverendo di una chiesa americana, che convive come può con il senso di colpa per aver convinto il figlio ad arruolarsi per una guerra dalla quale non tornerà. Mentre si scopre malato, si confronta con la tematica ambientalista, incrociando la sua depressione con quella, più disfattista, di un giovane attivista green, che è convinto della prossima fine del mondo per mano umana. Il tema, l’interpretazione e i ritmi partono bene, ma, a un certo punto, si perdono. 
Buoni giudizi in giro per il film fuori concorso L’ordine delle Cose, di Andrea Segre, che io non ho potuto vedere ma è stato molto applaudito e del quale molto se ne parla. (Cristina Cobianchi
In alto: photo credit Antonella Cazzador

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