02 settembre 2017

Il crollo di un affresco a Sant’Andrea della Valle, Roma, apre questioni di conservazione

 

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Un nuovo e preoccupante campanello d’allarme arriva dal parziale crollo di un affresco a Sant’Andrea della Valle, una delle più belle chiese del Seicento nel cuore di Roma. Al di là delle conseguenze, certamente non piacevoli, se i frammenti fossero caduti sulla testa di qualche malcapitato, l’episodio ripropone il problema della conservazione del patrimonio artistico, ma non solo. 
Il distacco è avvenuto sabato, 26 agosto, all’altezza della cappella Barberini, la prima a sinistra entrando nella basilica. Il danno è circoscritto all’affresco della lunetta della finestra ma è chiaramente visibile anche ad occhio nudo, nonostante l’altezza della navata. L’ammontare dei danni e la strategia di ripristino verranno resi noti nei prossimi giorni dal Fondo Edifici di Culto del Ministero degli Interni, ente che si occupa della tutela e della manutenzione di questa chiesa (e di altri settecento edifici ecclesiastici in tutta Italia). 
La chiesa fu costruita a partire dal 1590 su progetto di Giacomo della Porta e poi di Carlo Maderno, in un periodo di grande fervore edilizio favorito dalla spinta della Controriforma: è questo il periodo in cui si iniziano a costruire la Chiesa del Gesù (1568), che funge da modello proprio per Sant’Andrea della Valle, e Santa Maria in Vallicella (1577) legate alle figure rispettivamente di Ignazio da Loyola e Filippo Neri. La chiesa, fin dall’inizio affidata alle cure spirituali dei Chierici Regolari Teatini, è uno scrigno pieno di meraviglie: gli affreschi di Domenichino, quelli della cupola a opera di Lanfranco e quelli dell’abside di Mattia Preti sono i capolavori. La basilica, seppur in continua evoluzione stilistica, con frequenti nuovi apporti decorativi, mantiene un aspetto fondamentalmente barocco. Più tarda invece è la decorazione della volta così come del settore interessato dal crollo di questi giorni, il cui autore è il pittore romano Silvio Galimberti (1869-1956). Nell’ambito della decorazione della volta che risale agli inizi del Novecento, coinvolgendo diversi artisti, a lui toccarono le lunette intorno alle grandi finestre della navata, che affrescò con le effigi dei dodici apostoli, distribuite a coppie per ogni lunetta. 
Il distacco come già detto è avvenuto in quella che sovrasta la cappella Barberini e la parte d’intonaco che è venuta giù si trovava proprio tra i Santi Mattia e Simone. Ancora non si conoscono ovviamente le cause esatte che hanno portato al cedimento dell’affresco, anche se diverse ipotesi sono state messe in campo dagli organi d’informazione: si va da quelle più plausibili, come le continue e ingenti sollecitazioni provenienti da Corso Vittorio Emanuele, una delle strade più trafficate del centro di Roma, o il massiccio flusso di turisti che determina sbalzi di temperatura non salutari per le opere d’arte, a quelle meno probabili come la siccità di questa estate 2017. Tra l’altro, la contiguità della chiesa con l’arteria non è la prima volta che interferisce con la fruibilità delle bellezze artistiche dell’edificio. Corso Vittorio non esisteva al tempo in cui la chiesa fu costruita, essendo il risultato degli sventramenti edilizi nel centro storico risalenti al periodo fascista, negli anni ‘30. Così come lo è Corso Rinascimento, la via che la interseca perpendicolarmente proprio all’altezza di Sant’Andrea della Valle: il risultato compromette lo splendido effetto plastico della facciata che, progettata da Carlo Rainaldi, su disegno iniziale di Carlo Maderno, e rivista da Carlo Fontana, era stato pensato per chi guardava da vicino mentre ora viene ora totalmente appiattito dall’apertura della nuova via e dalla conseguente possibilità di vedere la facciata da lontano. 
Quello che è successo a Sant’Andrea della Valle lascia ulteriori due spunti di riflessione. Il primo riguarda l’aspetto legato ai flussi turistici, a prescindere se questo sia tra le concause o meno del crollo. L’enorme impatto dei gruppi turistici, soprattutto quelli numerosi, sul centro storico della capitale, così come su quelli di Firenze e Venezia: non è proprio possibile provare a regolamentarli cercando di ottenere una distribuzione più eterogenea e sostenibile del turismo? Seconda questione, la rilevanza mediatica. La notizia del distacco di questa porzione di affresco della volta di Sant’Andrea della Valle ha avuto una risonanza praticamente nulla sui mezzi d’informazione. Se invece di cedere quello del semi-sconosciuto Silvio Galimberti, fossero caduti quelli di Lanfranco piuttosto che quelli di Domenichino, l’eco sarebbe stato lo stesso? Il problema della tutela e della conservazione c’è ed è reale: sarebbe il caso di affrontarlo, anche a livello di opinione pubblica, senza fare distinzione tra beni di serie A e quelli di serie B. (Luca Liberatoscioli)

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