06 settembre 2017

VENEZIA, 74ESIMA MOSTRA DEL CINEMA/12. La verità impossibile di Hirokazu e il probabile flop di Aronofsky

 

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Bello elegante e misurato, il film giapponese Sandome No Satsujin (The Third Murder) del regista Kore-eda Hirokazu, che indaga sul rapporto tra un presunto omicida e il suo avvocato, attraverso gli aspetti giuridici e soprattutto psicologici della relazione. Dialoghi e lunghi confronti sia in studio tra i legali che in parlatorio, tra avvocato e imputato, alla ricerca della verità, mentre i punti di vista cambiano continuamente e le ipotesi ripartono da zero. Anche i ricordi sembrano produzioni della mente, non legate necessariamente alla realtà e, se il rapporto avvocato-cliente diventa quasi simbiotico nel finale, quando è descritto con l’immagine dei due volti che si sovrappongono attraverso un riflesso nel vetro divisorio del parlatorio, il film racconta come spesso possa apparire impossibile definire la verità. 
Fischi, commenti feroci e battute sarcastiche dal fondo della sala, per il super atteso mother!, di Darren Aronofsky. Il film sembra un incubo dal quale si spera che la protagonista si risvegli ma nell’intenzione del regista dovrebbe essere una riflessione sull’egoismo eccentrico della sfrenata ambizione di un artista, quando perde l’ispirazione. In questo caso specifico, ne fa le spese una sottomessa e innamorata giovane moglie, che tanto a lui si dedica e che qui diventa metafora dell’ispirazione. Lei vorrebbe essere la sua musa ma, in realtà, gira nevroticamente per la casa a prendere medicinali e rassettare tutto. Sarebbe buona la riflessione sul bisogno della società di creare idoli ma, purtroppo, il risultato è talmente assurdo, caotico e con un eccesso di tutto che, forse, il film riesce a esprimere solo l’ego megalomane del regista che, questa volta, ha esagerato e sembra poter arrivare solo a un inesorabile flop. (Cristina Cobianchi
In alto: photo credit Antonella Cazzador

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