27 ottobre 2017

I love Roma

 
Cecchini, i cinque stelle, la convinzione che tutto possa essere attaccato perché tanto "fa schifo" e una vecchia storia metropolitana che fa sognare di cambiare

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Dice che l’ha fatto perché Roma fa schifo, e deve essere svegliata. Secondo questa logica allora la settimana prossima potremmo far saltare in aria il Colosseo. Anzi, perché non miniamo alle fondamenta tutta la città già che ci siamo? Tanto fa schifo.
Graziano Cecchini, “artista-futurista”, dopo 10 anni tinge di nuovo la Fontana di Trevi di rosso, e a parte mancare di fantasia (i futuristi veri, invece, ne avevano da vendere) continua nella stessa farneticazione che ha portato alla vittoria dei pentastellati in tante parti d’Italia: fa tutto schifo, e allora diamogli adosso ancora di più, così che non resti nulla di quello che ci siamo portati dietro finora. Il problema è che se la politica è incancrenita su se stessa e le sue logiche, per fortuna non lo è l’arte, né di Roma né di nessun’altra città del mondo. Nonostante la mancata tutela, l’incuria, l’ignoranza, l’arte è sempre “sacra”. Lo sappiamo noi e lo sa anche la maggior parte di coloro che sceglie di visitare la Città Eterna, e che forse come noi si incazzano un poco quando vedono lo scempio che dilaga nella Capitale.
Poi il Signor Cecchini, ancora una volta, usa un simbolo che invece è proprio la dimostrazione di come, anche a Roma, per certi versi qualcosa funzioni bene. Fendi, per esempio, che la Fontana l’ha ristrutturata e riportata ad essere splendente. E ora lo sta facendo con il Caravaggio, alla Galleria Borghese. 
Forse il Signor Cecchini non sa nemmeno che negli anni ’70 anche New York faceva schifo. Poi qualcuno si incazzo perché ogni giorno doveva, per esempio, fare lo slalom tra le merde di cane spalmate sul marciapiede: un “creativo” di nome Milton Glaser nel 1976 si inventò “I love NY”.
Altro, stasera, non voglio scrivere perché per me – per noi, per chi crede che Roma non faccia ancora così schifo – ha già parlato lo stesso Glaser, in una intervista con Chipp Kidd nel 2003: “Era la metà degli anni ’70. Alla gente sembrava di non meritare niente, mi spiego? Si camminava giorno dopo giorno in una città lercia, piena di immondizia e via dicendo. Ma poi successe una cosa incredibile: ci fu un cambiamento nella sensibilità delle persone. Un bel giorno qualcuno ha detto: «Sono stufo di pestare merda, levatemela dal marciapiede». E la città ha cominciato a reagire. Ci hanno detto: «Se fate cacare il cane sul marciapiede sono 100 dollari di multa», e nel giro di pochissimo tempo divenne un tabù sociale far cacare il cane per la strada. Fino al giorno prima nessuno ci faceva caso e poi all’improvviso tutti i newyorchesi si sono stufati e hanno detto: «La città è nostra e adesso ce la riprendiamo. Certe cose non devono più succedere». Questa campagna [I love NY, n.d.r.] è stata una parte di quel momento storico. Più che altro lo slogan era una trovata per incoraggiare il turismo”. 
Noi, a questa storia, vorremmo crederci. Speriamo anche molti altri romani. Speriamo almeno un paio di milioni. Per ricominciare a vivere in una vera città, e archiviare definitivamente anche quel genio di Cecchini e le sue mirabolanti performance. Altrimenti viva la distruzione (di Roma) come igiene (di Roma). Contenti voi. (MB)

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