30 ottobre 2017

Sol levante, addio. A Roma, si smantella il Museo d’Arte Orientale di Palazzo Brancaccio

 

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Si dice spesso che il futuro abbia gli occhi a mandorla ma al Ministero dei Beni Culturali non la pensano proprio in questi termini. Da domani, 31 ottobre, infatti, inizieranno i lavori di smantellamento del MNAO-Museo Nazionale d’Arte Orientale, la cui collezione dovrà abbandonare la sede storica a Palazzo Brancaccio, su via Merulana, e aspettare a data da stabilirsi per la sistemazione in un nuovo spazio all’EUR, in alcuni locali di proprietà dell’INAIL. Gli stessi ambienti che dovranno ospitare anche altri musei fantasma, come l’italo-africano di via Aldrovandi, aperto nel 1923 come Museo Coloniale e chiuso nel 2011, oppure quello delle Arti e Tradizioni popolari, risalente al 1956. Questi, insieme al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” e al Museo Nazionale dell’Alto Medioevo, sono stati riuniti sotto il nome e l’ordinamento del MUCIV-Museo delle Civiltà, in seguito al piano di riassetto delle strutture del MIBACT del 2016. Un progetto che si ispira alla museologia di stampo francese, dal Musée du quai Branly di Parigi al MUCEM di Marsiglia, ma che in Italia ha fatto storcere il naso a molti, considerando il forte legame tra le opere e le sedi. 
Il MNAO fu istituito nel 1957, con un accordo tra il Ministero della Pubblica Istruzione e l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente e la sua apertura risale al 1958, nell’ultimo palazzo nobiliare costruito a Roma sul finire dell’Ottocento, per volere di Mary Elizabeth Bradhurst Field, facoltosa dama dell’alta società di New York, la cui figlia andò in sposa al principe Salvatore Brancaccio. Tra i 40mila pezzi in collezione, preziosissimi reperti cinesi, coreani, giapponesi, quelli delle esplorazioni compiute in Tibet e Nepal, tra il 1928 e il 1954, dall’esimio orientalista Giuseppe Tucci, al quale fu dedicato il museo, nel 2005, e che nel 1933 fondò l’Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente di Roma con Giovanni Gentile. La storia, per adesso, si chiude nei depositi del MIBACT ma i dubbi aumentano: «È economicamente conveniente spostare da Palazzo Brancaccio il Museo Orientale e trasferire la ricca collezione ivi ospitata in spazi all’EUR del tutto insufficienti e con spese d’affitto molto più alte?», si legge nel testo della petizione online, bandita per salvare il museo e sottoscritta fino a ora da più di 25mila persone. «La stima approssimativa dei soli costi preliminari per assicurare, imballare e trasportare i circa 40.000 preziosi oggetti del Museo si aggira, secondo una perizia del 2014 – anno del primo appello rivolto al Ministro Franceschini – tra i 9.500.000 e gli 11.250.000 euro, oltre l’iva», continuano gli estensori della petizione, senza contare le spese per la messa a norma dei nuovi spazi e per l’allestimento. (MFS)

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