10 novembre 2017

Arienti, Antinori e Della Robbia

 
Da una “Lunetta” cinquecentesca ad un “disegno” contemporaneo, il tutto al Bargello e alle cantine di Bargino. Grazie alla mano della celebre azienda

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Cos’hanno in comune Stefano Arienti, tra i più noti artisti italiani viventi, il “vecchio” Giovanni della Robbia, e la famiglia Antinori? Molto più di quel che possa sembrare in effetti, specialmente se da oggi farete tappa al Museo del Bargello di Firenze in occasione della mostra “Da Brooklyn al Bargello”.
Partiamo dal principio, in un excursus brevissimo. Commissionata da un antenato Antinori al celebre artista, l’origine della Lunetta che raffigura la Resurrezione del Cristo però è piuttosto misteriosa. Comprata regolarmente e presumibilmente dallo studioso statunitense Allan Marquald alla fine dell’800, oltre 300 anni dopo la sua realizzazione, e finita al Brooklyn Museum di New York, la Lunetta del Della Robbia oggi torna temporaneamente a Firenze dopo un accurato e preziosissimo restauro che ha ridato vita alla struttura danneggiata e ai colori originali, e dopo le mostre al Fine Arts Museum di Boston e alla National Gallery di Washington. 
Bene, e cosa c’entra Arienti? Seguendo la “scomposizione” della Lunetta ecco che, in occasione della commissione contemporanea di “Antinori Art Project” l’artista non solo entra in permanenza nella celebre cantina di Bargino, ma anche al Bargello, con un intervento site specific che identifica ancora una volta una forte poetica e uno sguardo trasversale.
Nel Museo Nazionale del Bargello, uno degli istituti con una delle collezioni di scultura più importanti al mondo (Robbiani compresi), Arienti sospende delle quinte leggere, a creare un ambiente dove la pittura si fa scena, riportando i protagonisti della Lunetta decontestualizzati su fondi candidi e dai tratti preziosi, accecati da una luce fredda. 
Ed ecco così che si rinnova non solo un dialogo tra pubblico e privato, tra istituzione e mecenatismo di oggi, ma anche un legame con la città di firenze, tra arte e vino.
«La Lunetta – commenta Giancarlo Gentilini, massimo esperto del Della Robbia – quando arrivò negli Stati Uniti fu un evento dirompente, che iniziò “l’esportazione” dell’amore per Italia, per la tecnica, per l’arte, e che ha reso gli Stati Uniti protagonisti di studi sistemici sui nostri artisti».
Che erano già “molto contemporanei” e “citazionisti” come ricordano sia Gentilini sia Alessia Antinori. 
Già, perché nei volti, nelle allegorie e negli abbigliamenti della Resurrezione ci sono occhi al Ghirlandaio per esempio, al David di Donatello, al Verrocchio, alla pittura del Perugino. Ad una serie di incontri, insomma, che forse ai tempi avevano emozionato l’artista come oggi – a sua volta – ha emozionato Arienti. 
«Per questo progetto felice e fortunato ringrazio Giovanni della Robbia. Ed è un grande privilegio averlo incontrato perché io sono un autodidatta, ma le compagnie sono molto importanti. E poi il lavoro di gruppo ha una lunga tradizione italiana – spiega Arienti, che continua – è stato soprattutto stimolante lavorare su una committenza. Che può fare la differenza».
Per un possibile e ritrovato Rinascimento, e una scultura che si fa pittura e viceversa, come è stato prendendo in prestito poetico la Lunetta sezionata. (MB)

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