11 dicembre 2017

Rinascere con l’arte. A Roma, una mostra svela i tesori salvati dal disastro del terremoto del centro Italia

 

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Non 142, come qualcuno ha scritto, ma – ce lo rammenta il countdown in mostra – poco più di 20 secondi sono bastati a mietere vittime e a distruggere irrimediabilmente edifici, monumenti e chiese. Solo pochi attimi per inficiare la bellezza del paesaggio locale con la creazione di nuove isole di rifiuti, ma saranno stati sufficienti, ce lo auguriamo, per ripensare alle conseguenze nefaste che ha comportato l’abrogazione della legge Bucalossi? Parliamo del sisma di Accumoli e Amatrice del 24 agosto 2016. 
Il tema è delicatissimo perché scrivere di “Rinascite” – è il titolo della mostra alle Terme di Diocleziano – e ricostruzione in una terra dove ancora si vive il disagio del post-terremoto e ci si aggira tra le macerie, tra i fantasmi delle cose che non ci sono più, non è cosa semplice e richiede grande attenzione. Si rischia di non comprendere, offendere o banalizzare il dramma che centinaia di cittadini vivono e hanno vissuto sulla propria pelle, già oggetto di mistificazione e falsità o leggende metropolitane. Ma bisogna dirlo e con forza che, tra le cause del terremoto, c’è l’abusivismo edilizio. Se non è chiaro questo, si cade nel vuoto dell’indifferenza o, peggio, nel fondo dell’inutilità quando si vanno a elencare tutte quelle opere d’arte che, grazie all’intervento di Vigili del Fuoco, Carabinieri e Protezione Civile, sono state tratte in salvo. 
Quando tutto questo innesca un circolo virtuoso, se accende una miccia che restituisce parte di quel senso di appartenenza e identità forse perdute, anche solo in modo impercettibile o inconscio, se indirettamente punta il dito sulle responsabilità della tragedia del Centro Italia, allora ben venga. E ben venga anche mettere in luce, quella misura compensativa a volte troppo esigua che rappresenta l’art bonus e l’iniziativa del Mibact che ha promosso la mostra tra i grandi spazi termali riletti da Michelangelo. 
Fino all’11 febbraio, c’è tempo per visitare i tesori dei centri colpiti dal sisma: non solo quadri e sculture ma anche suppellettili liturgiche, tutti prodotti di quel ricchissimo archivio materiale che ha rappresentato nel tempo l’arte italiana centro appenninica. L’esposizione fa riemergere la bellezza e le peculiarità del patrimonio artistico dei piccoli e finora sconosciuti centri d’Italia, lì dove si sono sedimentate, con le dovute differenze, e fusi in modo inestricabile tradizioni religiose e pagane insieme. Una cultura altamente ibridata che ha partorito un denso giacimento di oggetti preziosi, alcuni fortunosamente salvati. 
È il caso esemplare della Madonna con Bambino dal Museo Civico di Amatrice, l’opera recuperata dopo appena una settimana dal sisma, o della Virgo Lactans venerata nel santuario campestre di S. Maria delle Coste di Accumoli. Oltre al gruppo ligneo della Madonna in trono di Poggio d’Api, facente parte della lunga serie di Madonne in Maestà diffuse lungo la dorsale appenninica tra il XIII e il XIV Secolo, ci sono il reliquiario commissionato all’orafo Pietro Vannini e la straordinaria Madonna con Bambino tra i santi, attribuita da Federico Zeri al veronese Orbetto (Alessandro Turchi). Tra i recuperi, è del 1527 il celebre dipinto di Cola di Amatrice, una Sacra Famiglia con san Giovannino. Ma sono esposti anche altri lavori più recenti, fino al XIX secolo, in totale 34, tra gli oltre 3000 beni portati in salvo e conservati nel Deposito Museo della Scuola Forestale Carabinieri di Cittaducale, provincia di Rieti. 
Le opere, insieme agli scatti solari e drammatici di Paolo Rosselli, concorrono allo scopo di ripristinare un senso di identità, sentimento importantissimo di fronte a una tale caparbietà e capacità di resistenza, e fungono soprattutto da monito e come primo segnale di rinascita. Qui, dove le opere non sono impreziosite da grandi nomi di artisti noti, hanno un altissimo valore sociale, rappresentano un patrimonio locale molto sentito e amato. 
“Non esistiamo più” sono state le parole che in quei tragici giorni circolavano tra la gente del posto e allora è proprio qui che si deve continuare (o cominciare?) a ricostruire per restituire senso, luoghi, vita. Parallelamente alla mostra, sono esposti anche il plastico, ancora in fase di lavorazione, del centro di Amatrice (Fondazione Santarelli) e quelli del Santuario di S. Agostino, di San Francesco e del Santuario di S. Maria delle Grazie Icona Passatora. Quest’ultimo è il cosiddetto miracolo di Amatrice, la chiesa che con l’ultimo restauro non ha subito alcun danno nonostante l’edificio sacro sorgesse in frazione Ferrazza, esattamente sull’epicentro del forte movimento tellurico che ha interessato non solo la provincia di Macerata ma tutta la zona tra Marche, Lazio, Abruzzo e Umbria. Santa Maria delle Grazie sorge vicina all’eroica torre civica di Amatrice, salvata per scampo dalla furia del sisma e rappresenta, insieme a questa, la forza di queste terre che, anche se piegate, sono capaci di risollevarsi, il più delle volte da sole, e queste sì, rinascere. (Anna de Fazio Siciliano)

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