03 gennaio 2018

Storie recenti: Hämatli & Patriæ

 
Migrazione, nazionalismo, populismo, identità, raccontate attraverso l’arte in una mostra presso il Museion di Bolzano. Che parte da un dipinto e ne stravolge il punto di vista

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L’autostrada del Brennero, tra dicembre e gennaio, diventa una traiettoria ad alta intensità dedicata ai mercatini di Natale: lunghe colonne di autobus e auto a garanzia di un turismo da bancarella capace di soddisfare grandi numeri per oggetti realizzati in paesi lontani ma presentati in formato tirolese e in odore di vin brulè. Spontaneo e sconcertante è allora il confronto che nasce tra queste folle natalizie e la fotografia di Luca Turi con il primo sbarco di migranti dall’Albania sulla nave Vlora a Bari nel 1991, simbolo della mostra “Hämatli & Patriæ” allestita a Museion Bolzano, a cura di Nicolò Degiorgis
Artista, fotografo e guest curator di Museion 2017 Nicolò Degiorgis ha compiuto un ribaltamento d’orizzonte all’interno del museo grazie alla costruzione di una mostra che prende spunto dal dipinto fiammingo del 1570 di Simon de Myle ritraente lo sbarco – e non la partenza – dall’Arca di Noè sul Monte Ararat. Da questo start l’elaborazione del concetto di Nazione e Paese per rappresentare tematiche attuali – come migrazione, nazionalismo, populismo e identità – trattate sotto forma di dialoghi ispirati ai personaggi dello stesso dipinto. L’operazione concettuale e curatoriale realizzata da Degiorgis è piuttosto ardita ma efficace nella sua disinibita e mai banale dichiarazione di intenti. Ne deriva una mostra che, in una terra di confine storicamente sensibile ai temi del nazionalismo, si avvale di un titolo che deriva dall’accostamento del termine germanico – all’origine della parola Heimat –  con il termine latino patriæ e che trae ispirazione e struttura da un dipinto antico. L’obiettivo è quello di raccontare, attraverso opere d’arte contemporanea appositamente realizzate o scelte, temi di grande urgenza sottoposti alla nostra attenzione da tante visioni, geografie ed esperienze, quante sono quelle degli artisti coinvolti. 
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Hämatli & Patriæ, camera oscura, Museion 2017. Foto Luca Meneghel
Per raggiungere ciò, l’ultimo piano di Museion, quello che si affaccia sulle vallate dolomitiche – spazio complesso che normalmente sospinge il nostro sguardo verso un altrove dominato dalla natura –  viene chiuso dal curatore per concentrare la visione su spazi di vita, di conflitto, di emigrazione e di politica mediante la giustapposizione di video, sculture, disegni, fotografie, elaborati e pitture che, allestiti con un sistema didascalico di valenza esplicativa, ci immergono nella babele frenetica di storia contemporanea. Su ciò, al centro, la gigantografia del primo grande sbarco di migranti dall’Albania sulla nave Vlora: foto che si apre al dialogo tra habitat e habitus con l’installazione Romeno è Giulietta dell’artista Eugenio Tibaldi: un’opera lirica sul tragico destino di Dimitri, migrante rumeno, che sbarcato dalla nave Vlora e finito a lavorare a Verona, muore tragicamente dopo un’operazione per cambiare sesso. Corpi e storie di tragica solitudine che si mescolano ed espandono grazie al grande lavoro site specific di tessere colorate di Luca Trevisani che, confondendo pareti e pavimento, contamina lo spazio espositivo. Tra i dialoghi più intensi scelti da Degiorgis il video Volga (2015) dell’artista ceceno Aslan Gaisumov che narra della fuga dell’artista insieme ad altre venti persone stipate a bordo di un’unica automobile per sfuggire da Groznyj durante la prima guerra cecena. Accanto il video, Kwassa Kwassa del collettivo danese Superflex che ritrae il lavoro manuale di un costruttore di barche su un’isola Comore nell’Africa Orientale: barche che trasportano migranti verso la vicina isola di Mayotte in territorio francese – e quindi europeo –  con un attraversamento che ha già determinato più di 10.000 naufraghi. E intenso, sempre a titolo di esempio, anche il dialogo tra la bandiera dilaniata da due lupi nel video Homo Homini Lupus (2011) di Filippo Berta o ridotta a un grafico bianco e nero nel video Flash Flag / Pink Nois di Philipp Messner scelto dalla Collezione Museion. 
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Hämatli & Patriæ, exhibition view at Museion 2017. Foto Luca Meneghel
Attraversando le opere degli artisti Yuri Ancarani, Apparatus 22, Filippo Berta, Mohamed Bourouissa, Donna Conlon, Simon De Myle, Nicolò Degiorgis, Hannes Egger, Aslan Gaisumov, Henrik Håkansson, Petrit Halilaj, Laëtitia Badaut Haussmann, Paolo Icaro, Armin Linke, Marcello Maloberti, Philipp Messner, Giuseppe Penone, Walid Raad, Ernesto Schick, Giovanna Silva, Superflex, Eugenio Tibaldi, Luca Trevisani, Luca Turi, Danh Vo, ci si trova poi immersi nel buio di una grande camera oscura che riflette capovolta l’immagine dell’esposizione di cui, fino a poco prima, si era parte. Un gioco complesso che rimanda direttamente alla pratica fotografica del curatore e ci permette di svelare le analogie tra il dipinto antico e i dialoghi tra le coppie di opere che hanno ispirato Degiorgis, artista e curatore della mostra.
Ancora pochi giorni dunque (sino al 14 gennaio)  per visitare una mostra particolarmente interessante e complessa ma capace di raggiungere in maniera frontale pubblici e sguardi diversi. Occasione anche per vedere nel Passage, al piano terra di Museion, il quinto e ultimo libro di Degiorgis, Prison Photography sempre parte del progetto “Hämatli & Patriæ”. Il volume, in mostra anche presso la Casa circondariale di Bolzano, è un compendio di fotografie in bianco e nero scattate dal 2013 al 2017 dai detenuti carcere di Bolzano durante il corso di fotografia tenuto da Degiorgis per la cooperativa alfa beta piccadilly. I vincoli imposti al linguaggio fotografico dal carcere diventano elementi di riflessione sulla fotografia stessa e sul tentativo di evadere dalla limitatezza della vita carceraria. 
Paola Tognon 

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