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Oggi a Roma, da Fondaco, in via della Frezza, inaugura “Atelier”, mostra di Alessandra d’Urso (Milano, 1978), curata da Pier Paolo Pancotto. L’esposizione si presenta come una sintesi del percorso individuale e professionale della d’Urso, che non focalizza la propria attenzione su un aspetto in particolare della sua produzione ma, piuttosto, ne mette in luce tutta l’ampia articolazione.
Nata a Milano, si è formata come fotografa presso l’International Center of Photography and film della New York Film Academy. Trasferitasi a Parigi, dove oggi risiede, ha iniziato a collaborare con varie testate giornalistiche e, contemporaneamente, ha intrapreso una serie di viaggi in tutto il mondo i cui esiti sono divenuti oggetto di diverse mostre e pubblicazioni monografiche. La mostra raccoglie una estesa selezione di fotografie comprese cronologicamente tra il 2011 ed il 2018, che illustrano le molteplici fonti di ispirazione a cui l’artista attinge abitualmente, come il paesaggio, la figura umana, la natura morta, declinate, di volta in volta, secondo i parametri linguistici della cronaca, del documentario, della moda, della sperimentazione artistica.
Le opere, molte delle quali inedite, sono accompagnate da un insieme di documenti, come prove grafiche, disegni e scritti, volti a testimoniare a svelare anche i tratti più intimi e nascosti di questa produzione. Una sorta di grande diario visivo installato negli spazi di Fondaco, un “Atelier” d’artista trasposto, che consente al visitatore di confrontarsi in modo spontaneo con la creatività dell’autrice nel suo insieme.