21 febbraio 2018

Contropelo Ancora sul Macro?

 
Che cos'è il M.A.A.M.? La presenza dell’arte dove di bellezza non ci sarebbe possibilità
di Anna di Corcia

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Circa un anno fa sono stata in visita guidata al M.A.A.M. (Museo dell’altro e dell’altrove ) a Roma, con l’associazione Street Art Walking Tours Rome, che offriva percorsi guidati alla ricerca delle tracce degli street artists più affermati per Roma e dintorni. Una mattinata in cui ho scoperto la dimensione dell’Altro e dell’Altrove posseduta da questa ex fabbrica dismessa della Fiorucci che dal 2009 è stata occupata da stranieri, divenendo la loro nuova casa, con un certo disappunto da parte dei cittadini romani che si sono visti istituire un dormitorio pubblico tacitamente riconosciuto in Via Prenestina 913.
D’altra parte a partire dal 2012 all’emergenza di carattere sociale si è unita una intuizione dell’antropologo, artista e filmaker Giorgio De Finis direttore artistico del M.A.A.M.e attualmente nominato curatore artistico di “Macro asilo”, il progetto sperimentale che sarà ospitato dal Museo di arte contemporanea di Roma fino alla fine del 2019, che insieme a Fabrizio Bonis sin dalla prima occupazione del luogo hanno deciso di renderlo un’opportunità espositiva per molti artisti italiani. Il progetto collettivo di recupero del quartiere dall’evocativo nome di “SPACE METROPOLIZ”, che rispondesse alla esigenza di riconoscere il M.A.A.M come un luogo diverso dal mondo esterno quasi una dimensione a parte, ha visto al suo interno la costruzione di un razzo per andare sulla Luna, visto che gli abitanti di questo spazio praticamente per lo Stato non esistono come se fossero realmente “abitanti della Luna”. 
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Nicola Alessandrini, Maam, Roma
Di lì il M.A.A.M  è diventato il luogo depositario della forma d’arte più idonea a riqualificarlo: la street art! In un paradossale binomio tra luogo dove vive una comunità di immigrati e luogo di riqualificazione del quartiere, gli artisti sono stati i primi a muoversi per favorire il riappropriarsi del territorio e di una sua vecchia attività commerciale dismessa, per renderlo vivibile a chi vive al suo interno e alle famiglie del quartiere. Certamente una grande ambizione pensare che un luogo possa unire varie culture, usi, costumi e cucina tanto da proporsi come il simbolo di una integrazione ancora inesistente e che oggi alla luce di quanto accade in Italia addirittura sembra impossibile. Merito va a De Finis di aver innescato un movimento che ha reso il luogo catalizzatore dell’interesse dei migliori artisti romani che hanno liberamente donato il loro contributo all’interno del M.A.A.M. regalando al posto in cui ancora sono presenti tracce delle antiche vasche da macello, segni di una possibile bellezza da riscoprire, penso a Paolo Maccari con la sua “Frida Kahlo”, a David Pompili ormai affermatissimo nelle sue opere ammiccanti alla pop art con il suo murales “Dog and Kid” oppure a Stefania Fabrizi che ha dotato l’ingresso del Museo di un esercito con i suoi “Guerrieri della Luce”.
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Maam, Roma
Ma nonostante la presenza di ben affermati writers con le loro opere come Alice Pasquini, Cobra, Sten e Lex, i Guerrilla Spam o Gian Maria Tosatti che ha costruito su in cima un vero e proprio telescopio simbolicamente rivolto alla Luna, non tutto ciò che qui si osserva è arte nel senso stretto del termine ma è evocativa traccia di un passaggio, direi che è una scia che contesta, urla e dichiara la presenza dell’arte anche dove di bellezza non ci sarebbe possibilità, così come la presenza degli immigrati stranieri, rifugiati o clandestini urla che esiste una emergenza semplicemente con il loro “stare”. 
Ritengo che il M.A.A.M  evidenzi tutta la contraddizione della nostra epoca e la gestione barbara che abbiamo fatto dell’immigrazione e al contempo riunisce al suo interno una fetta di umanità mai riconosciuta, come difficilmente riconosciute e riconoscibili sono diventate nel tempo forme d’arte come la street art che si adegua ai luoghi e alle sue mura pur di sopravvivere alla bruttezza circostante. Non mancano al suo interno segni esoterici, La porta alchemica ne è traccia, resta un enigma il M.A.A.M probabilmente affascinante perché non verrà mai risolto come tante altre dimensioni che accarezzano l’altro e l’altrove in Italia.
Anna di Corcia 

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