02 marzo 2018

Caro Gillo, ti scrivo. Il ricordo di Ludovico Pratesi

 

di

Caro Gillo, 
per ricordarti, ora che te ne sei andato, ho pensato di scriverti una lettera: una forma che si addice al tuo stile d’altri tempi, in quei lontanissimi anni Ottanta e Novanta quando nell’agone della storia dell’arte militavano maestri oggi scomparsi, come Giulio Carlo Argan, Giuliano Briganti o Federico Zeri. Un’altra epoca, un altro mondo, con il tuo fortunatissimo manuale Ultime tendenze dell’arte d’oggi, tra le mie prime letture, ancora da studente, sull’arte contemporanea. Allora l’Italia era un Paese nutriente, ricco di stimoli e occasioni, assai più internazionale della misera e isolata Italietta di oggi, pallida e povera ombra della cultura di un tempo, che si respirava nell’aria, nelle conversazioni di una vita condivisa insieme alle mostre, ai cineclub , nei teatri d’avanguardia, nelle piazze. Sembrava non potesse finire mai, eppure si è volatilizzata, e chi non l’ha vissuta non potrà mai sapere quello che ha perso. 
Così come Argan, Briganti e Zeri, quella cultura l’hai rappresentata a testa alta, con il tuo stile da gentleman inglese, la voce pacata e ferma, senza mai un filo di arroganza né di superiorità. Ricordo quando, nel 1998, ti venimmo a trovare nel tuo bell’appartamento di Milano con Rossella Reale per proporti di trasformare il tuo libro sul Kitsch in una mostra. Il progetto ti piacque, offristi la tua collaborazione, ma poi non se ne fece più nulla. Ti vedo seduto in poltrona, simbolo di un’Italia dove l’arte e la cultura non erano ancora il ricettacolo di faccendieri e personaggi improvvisati, ma territori di pensiero e non di prebende politiche o scambi di favori, all’insegna di facili guadagni e misere scalate sociali. Un paese autenticamente profondo e intero che il mondo amava e rispettava. 
Sei stato l’ultimo faro di quel mondo, Gillo. Forte come una roccia, dritto come una quercia. Esempio di una generazione eletta, che si nutriva di curiosità. Non riusciremo a dimenticarti. (Ludovico Pratesi)

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