03 marzo 2018

Tutto quello che vorreste vedere sulla performance, in tre giornate al PAC di Milano

 

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La memoria dell’effimero, il corpo come archivio e deposito attivo del vissuto, con la consapevolezza che l’evento è unico e irripetibile e svanisce nell’istante stesso in cui avviene, e l’importanza di creare un museo della danza. Susanne Franco, docente di Storia della Danza e del Teatro presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, con il suo intervento Ereditare la storia, danzare la memoria. Pratiche del ricordo sulla scena contemporanea, dà il via a Performing Pac. Dall’1 al 3 marzo, tre intense giornate di incontri, video e performance sul mondo dell’arte performativa. 
Dopo l’edizione dell’anno scorso, dedicata al restauro e alla conservazione della street art, a dieci anni dalla mostra Street Art Sweet Art, curata da Alessandro Riva, il nuovo comitato scientifico del Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, composto da Ferran Barenblit, Silvia Bignami, Emanuela De Cecco, Iolanda Ratti, Diego Sileo, per l’edizione 2018 punta al futuro ricollegandosi ai successi del passato. Per la prima volta il PAC apre le porte del proprio archivio, mostrando i video delle performance prodotte dal Padiglione negli ultimi decenni, protagonisti Marina Abramović, Franko B, Vanessa Beecroft, Regina José Galindo e Santiago Sierra, e le immagini, selezionate dagli studenti del Dipartimento di Beni Culturali della Statale di Milano, della performance di Vito Acconci, Exploding House (1981), a cura di Zeno Birolli, e Partitions Opere Multimedia 1984-1985 (1985) di Gina Pane e a cura di Lea Vergine
All’intervento di Susanne Franco giovedì è seguita l’esibizione di Dora Garcia. Tra venerdì e sabato, gli interventi di Lois Keidan e André Lepecki e gli artisti Paulien Oltheten, Cristina Kristal Rizzo e Annamaria Ajmone. E ancora un workshop a cura di Franca Ferrari, i flashback e i video per capire la strada percorsa fino a oggi e riflettere sui possibili sviluppi di quest’arte che fa delle potenzialità del corpo e del coinvolgimento del pubblico il proprio centro gravitazionale. La chiamano arte, ma sembra teatro. 
Qui il programma completo. (Giulia Alonzo)

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