06 marzo 2018

La Gioconda se ne va

 
Il ministro della cultura francese apre al prestito. Ed è polemica

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È tra i soggetti più fotografati al mondo ma raramente si fa vedere in giro. Almeno fino a oggi, perché le cose potrebbero cambiare. Enigmatica, affascinante, preziosa, fragile, la Gioconda si trova di fronte a una svolta epocale, visto che Francoise Nyssen, ministro della cultura franco-belga, si è detta favorevole allo spostamento della Gioconda dal Louvre, la sua sede storica, dopo la Reggia di Versailles e il Castello di Fontainebleau. La voce era nell’aria ma pochi giorni fa l’annuncio ufficiale, nell’ambito di un piano per movimentare la cultura di un Paese che risente dell’egemonia parigina. «La Gioconda è un simbolo. Perché non dovrebbe lasciare Parigi? Ci sono ancora barriere culturali da rompere. Dobbiamo inviare un segnale forte ai francesi che vivono in aree in cui la cultura è meno accessibile», ha dichiarato il ministro. La sede del Louvre di Lens ha dato subito disponibilità per accoglierla ma la casa madre non sembra essere troppo d’accordo. Qualcuno immaginava un intrigo internazionale per esporre l’opera nel nuovissimo Louvre di Abu Dhabi, al fianco del Salvator Mundi, l’altro Leonardo da record? E invece i conservatori e gli esperti sono assolutamente contrari, considerando tutti i rischi per il trasporto di una tavola alta 77 centimetri, larga 53 e spessa 13, già in condizioni tutt’altro che ottimali. Infatti non viene spostata nemmeno all’interno del Louvre, dove dal 2005 è allestita dietro un vetro blindato, protetta da un speciale camera per mantenere costanti temperatura e umidità. Pochi sono i precedenti storici, ai quali si è richiamata Nyssen. Bisogna ricordare che, nella notte tra domenica 20 e lunedì 21 agosto 1911, la Gioconda venne rubata. Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso furono sospettati ma il colpevole era un italiano, Vincenzo Peruggia, che non sapeva che l’opera fu portata in Francia dallo stesso Leonardo e molto probabilmente venne acquistata da Francesco I. La fuga durò due anni, poi Peruggia fu scoperto dall’antiquario fiorentino Alfredo Geri, al quale aveva tentato di venderla, e dal direttore degli Uffizi Giovanni Poggi. Rimanendo in epoca moderna, a parte la messa in sicurezza durante la Seconda Guerra Mondiale, una volta quando, dal 14 dicembre 1962 al 12 marzo del 1963, fu vista da quasi due milioni di americani, esposta alla National Gallery di Washington e al Metropolitan Museum di New York, richiesta appositamente da John Fitzgerald Kennedy e della first lady, Jacqueline. La seconda e ultima volta nel 1974, per una esposizione a Tokyo con tappa a Mosca. Da allora, per vederla, l’unica è andare a Parigi e sfidare la folla che vi si accalca nel pressi, tenuta a distanza di sicurezza da un parapetto. Adesso Nyssen ha incrinato questa certezza, ma chi potrà assumersi una tale responsabilità? Insomma, più facile a dirsi che a farsi. 

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