21 marzo 2018

Eredità del medioevo. Al Museo Archeologico di Napoli, si riscopre la storia dei Longobardi

 

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La storia dei Longobardi comincia secoli prima, come viene ben documentato in mostra, ma uno dei lasciti più importanti è stata la donazione di Sutri, il primo, vero atto (smontato quello di Costantino) per la fondazione del Patrimonio di San Pietro, avvenuta in un periodo in cui, con Liutprando, questo popolo raggiunse il massimo splendore. Tutta la loro vicenda che si è svolta in Italia viene raccontata da una mostra curata da Gian Pietro Brogiolo e Federico Marazzi. Tappa di un percorso itinerante al MANN-Museo Archeologico Nazionale di Napoli (prima dell’Ermitage e dopo Pavia), l’esposizione ricostruisce il passaggio nella storia di un popolo che, proveniente dalla Scandinavia, nel V Secolo varcò le Alpi per fondare, in Italia, ducati come Spoleto, Benevento e Pavia, per protrarsi fino alla metà dell’XI Secolo. 
Anche se non furono rilevanti nel campo delle arti figurative, grazie a loro l’oreficeria fece passi da gigante, come anche l’architettura. La mostra è un’occasione per riscoprire questo popolo e ricostruire una pagina di storia che ha inciso sul vasto panorama artistico della cultura italiana. Oltre ai gioielli per cui sono oltremodo noti, l’esposizione è riuscita a tirare fuori dai depositi oggetti pochissimo studiati, fino questo momento, come ricordano il curatore Marazzi e il direttore del museo, Paolo Giulierini. Sono esposti, ad esempio, 100 iscrizioni e lapidi tardo-antiche mai viste finora, si narra anche la storia di San Gennaro, il vescovo di Benevento martirizzato nel napoletano, le cui reliquie hanno viaggiato a lungo: portate via da Napoli dal duca longobardo Sicone per prendere la via di Benevento nel 831, furono portate nel 1154 dai Normanni a Montevergine per rientrare a Napoli sono nel 1497. L’intera memoria storica dei Longobardi, costruita attraverso saghe e canti epici trasmessi oralmente e, quindi, in parte perduta, è stata possibile ricostruirla e conoscerla grazie al maestro di corte, Paolo Diacono, del quale è presente in mostra la Historia Langobardorum. Alcuni pezzi di pregio oltre ai testi con le preziose miniature, sono la lastra con il pavone in rilievo, il raffinato reliquario in osso, da Susa, che insieme a ori e gioielli vari fanno capire quanto Manzoni si sbagliasse, nell’Adelchi, a immaginarli un popolo di selvaggi invasori. 
Ma non sono solo oggetti d’uso e preziosità a sollevare questa pagina del nostro medioevo dalla polvere della dimenticanza, per tornare a restituire un ruolo importante ai Longobardi, da un lato, per il futuro sviluppo della civiltà romanica e, dall’altro, per il primo modello di unità politica che diedero al nostro Paese, estrapolandola dall’Impero. (Anna de Fazio Siciliano)

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