23 marzo 2018

Una diottria in più. Giorgio Vasta ci racconta la sua storia di Milano Book Pride

 

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Come si costruisce una fiera dedicata all’editoria? Pensandola come se fosse un romanzo. E così, per la sua quarta edizione, che si svolgerà dal 23 al 25 marzo, Milano Book Pride ha scelto di affidarsi a una traccia tanto poetica quanto programmatica e di coinvolgere uno scrittore come direttore creativo. Il tema è “Tutti i viventi” e segue il desiderio di raccontare la molteplicità e il mutamento, fissati ma non troppo nello scorrere delle pagine di un libro, tra le mani di chi lo sfoglia. Il direttore è Giorgio Vasta, autore di romanzi diventati cult, come Il tempo materiale e Spaesamento, fotografie di un’Italia impressionista dalla fine degli anni ’80 a oggi. Ambientazione di questa storia, gli spazi dell’Ex Ansaldo, protagoniste le 150 case editrici, mentre 200 saranno gli snodi degli incontri collaterali. Giorgio Vasta ci racconta meglio. 
Uno scrittore impegnato nella direzione artistica di una fiera dell’editoria. Come hai interpretato il tuo ruolo? Quali esperienze e consapevolezze hai portato in questo nuovo impegno? 
«La consapevolezza principale che viene fuori da questi mesi di lavoro al programma di Book Pride è che al centro della mia scrittura c’è un bisogno nevrotico di controllo della pagina, un bisogno necessariamente frustrato perché la pagina genera una tale quantità di variabili – lessicali, sintattiche, di suono, di senso, persino di storia di ogni singola parola utilizzata – da non poter che vanificare questo impulso a “stare” nella scrittura con più attenzione possibile (e al di là di questo è giusto e necessario che la pagina “disarcioni”– non del tutto ma in parte – chi prova a dominarla, così chiarendo di essere un organismo selvatico e irriducibile ai nostri tentativi di controllo). 
Solo che quando uno scrittore scrive sta sempre da solo, e tutto ciò che accade o non accade, di buono o di cattivo o di irrilevante, dipende da lui. Senza che all’inizio me ne rendessi più di tanto conto, questo bisogno nevrotico di controllo e di generazione di senso (il bisogno di pensare tutto e di non cedere agli automatismi che spesso determinano la forma delle cose) si è infiltrato nella costruzione della fiera, soltanto che in questo caso, strutturalmente e necessariamente (e per fortuna), non sono da solo perché una fiera è un testo che viene scritto a più mani, con ritmi diversi, a partire da idee diverse e a volte in reciproca contraddizione. Tutto ciò moltiplica la frustrazione ma rende anche più nitido quel piacere – piccolo e transitorio – che puoi provare quando il lavoro prende forma attraverso l’intessersi di tutte queste mani che scrivono, quando cioè diventa riconoscibile una misura, una cedenza, una plasticità e una forma, che magari si concretizza in un singolo incontro o nella morfologia di un sottotema, qualcosa che metti a disposizione di chi verrà in fiera senza essere sicuro che quanto hai cercato di fare venga effettivamente percepito – ma non importa, il senso del lavoro fatto è la cura e la cura ha un valore in sé (se poi questo desiderio di cura viene anche percepito, bene, ne saremo molto contenti e lo considereremo un privilegio)». 
Milano Book Pride è ormai alla quarta edizione e si sta confermando come un appuntamento imperdibile per chi segue il settore dell’editoria indipendente. Quali sono le peculiarità che meglio ne descrivono l’unicità, rispetto agli altri eventi simili? 
«Il fatto di essere una manifestazione, per scelta di chi l’ha concepita e la organizza, interamente gratuita. Credo sia un fatto unico tra le fiere editoriali principali che ci sono in Italia. Il fatto di essere una fiera dove gli espositori sono pressoché tutti editori e sembra pleonastico doverlo precisare ma in realtà non lo è perché una direzione in cui alcune fiere stanno andando è quella di un ridimensionamento progressivo della presenza degli editori. Questo ha come conseguenza una riduzione della cultura editoriale che è rappresentata non semplicemente dai libri, dal catalogo, dalla qualità dei titoli che gli editori propongono ma anche dalla loro presenza, dal fatto che gli editori sono fisicamente presenti a Book Pride, disponibili a raccontare quello che fanno. Dentro il Book Pride una specificità è quella della cultura-cura editoriale nella eterogeneità: sono editori molto diversi, anche magari nelle idee di mondo, di cultura differenti, ma sono tutti, a tutti gli effetti, editori». 
Anche il calendario di questa edizione è denso di incontri e collaborazioni. Cosa vedremo di nuovo e di interessante? 
«Il desiderio è chiaramente che su duecento incontri, questi possano risultare interessanti per più persone possibili. Volendo portare l’attenzione sui cicli più che sui singoli ospiti dove ci sono, per citarne alcuni, Walter Siti, Corrado Stajano, Giorgio Falco, Francesco Pecoraro, Guido Viale, Marino Sinibaldi, e poi gli stranieri da Laurent Binet a Emma Glass, Lina Meruane, Regis Jauffret, due cicli sui quali vale la pena concentrare l’attenzione sono: Carta Inchiostro Colore, che Book Pride realizza in collaborazione con il circolo degli editori di Torino, in cui in tre lezioni, viene raccontato il libro per una volta non rispetto ai sui contenuti, ma rispetto la sua anatomia, la sua fisiologia. Tre lezioni che si concentrano sul fatto che noi diciamo “carta” ma in realtà un editore pensa alle carte, pensa grammature, consistenze, lavorazioni differenti e proprio Gino Iacobelli tratterà di questo. Noi parliamo di inchiostro, apriamo un libro e vediamo le parole scritte, ma queste sono il risultato di una serie di scelte compiute dalle case editrici. Enrico Tallone è un editore che in Piemonte lavora ancora con la composizione a mano, con i caratteri mobili, e ha la capacità di raccontare la storia delle font, la storia di ogni singola grazia. Maurizio Ceccato, art director per diverse case editrici verrà a raccontare il momento in cui i libri incontrano il colore, l’illustrazione, l’immagine. L’almanacco Del Giorno Stesso è l’altro ciclo che abbiamo pensato e verrà proposto nello spazio A nell’arco dei tre pomeriggi, 23 – 24 – 25 Marzo. 
Abbiamo domandato a tre scrittori, il 23 Chiara Valeri, il 24 Vanni Santoni, il 25 Giordano Meacci, di raccontare quel giorno, non nel senso di quello che che accaduto durante le giornate di Book Pride, ma nel senso di quello che è accaduto nel corso del tempo. Sulla scorta di una trasmissione televisiva che era andata in onda partire dalla fine degli anni 70’, che si chiamava Almanacco del Giorno Dopo, dove una rubrica si concentrava su quello che era accaduto nel passato, il giorno successivo alla messa in onda della trasmissione. Lì ci si atteneva a fatti accaduti, in questi almanacchi che sono tre reading dove gli scrittori che ho nominato saranno accompagnati da Enrico Gabrielli e Sebastiano De Gennaro di Calibro 35. I fatti accaduti saranno mescolati e in quasi resi indistinguibili da quelli inventati, perché l’idea è che venga raccontato un tempo letterario, non un tempo storico. C’è come una sfida implicita a distinguere fatti verosimili ma completamente inventati da altri che sono sì accaduti, ma che hanno caratteristiche di bizzarria tale da sembrare immaginari». 
Milano Book Pride sarà stato un successo se… 
«Canonicamente ci si dovrebbe concentrare sui numeri, ed è giusto farlo, quello che ci si augura che più’ gente possibile metta quasi alla prova fisicamente questo spazio in quello che è in grado di contenere. Quello che io posso augurarmi è che le persone presenti a Book Pride, possano sentirsi il più possibile autori, cioè quello da cui siamo partiti fin dall’inizio è che l’autorialità non è un’esperienza che riguarda solo chi scrive un libro e l’editore che lo pubblica. L’autorialita è una forma di consapevolezza, di assunzione di responsabilità che è di tutti, è anche di un singolo lettore che decide di entrare in una libreria indipendente e di fare attenzione ai libri di una casa editrice indipendente. Questo ovviamente comporta qualche diottria in più, però vale la pena avere in un luogo come questo, in una fiera del libro, uno sguardo più acuto, più attento. Io spero che molti autori vengano e soprattutto vadano via poi da Book Pride con questa diottria in più». (mfs)

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