10 aprile 2018

Milano Art Week/4. Premio Acacia e un Museo del 900 contemporaneo. Parla Anna Maria Montaldo

 

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Nato nel 2003 per volere di Gemma De Angelis Testa, il Premio Acacia tre anni fa ha scelto di donare la sua collezione al Comune di Milano, e più precisamente al Museo del Novecento. Istituito per la promozione della giovane arte italiana, il premio ha visto negli anni le acquisizioni delle opere di Mario Airò e Roberto Cuoghi, Adrian Paci e Paola Pivi, Grazia Toderi e Marcella Vanzo, tra gli altri, e quest’anno è stato assegnato a Rä di Martino, che entra nella collezione dell’istituzione milanese con il video Copies récentes du paysages ancienne/ Petite histoire des plateaux abandonnès (2012) e l’opera fotografica The Sun or an Electric Light # 7 (2017) e la scultura The Sun or an Electric Light (Eureka Palm) realizzata nel 2017 (foto in home page). In un processo di riappropriazione da parte degli abitanti del deserto marocchino di una serie di rovine di scenografie cinematografiche e dei loro spazi, Di Martino ci conduce con i suoi progetti in un campo dove si perdono i confini tra realtà e finzione, in un viaggio surreale tra epoche e silenzi. Stavolta, però, invece di raccontarvi il lavoro dalla parte dell’artista vogliamo farlo interrogando l’istituzione, scoprendo un poco il divenire di un museo che è ancora del ‘900 ma che guarda molto all’oggi. Risponde alle domande la Direttrice del Polo Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Milano, Anna Maria Moltaldo (sopra).

Come si sta muovendo il rapporto tra Museo del Novecento e arte contemporanea.

«Apriamo l’art week milanese con “Una tempesta dal paradiso” dal Guggenheim alla GAM, e poi il Premio Acacia che ha istituito un nucleo importantissimo in questi ultimi anni, e questo è il taglio che noi vogliamo proseguire nella nostra attività. Non vogliamo fossilizzarci sul Novecento, e continueremo anche ad arricchire la raccolta e la ricerca, ma con grande attenzione a quelle che sono le espressioni vive dell’oggi».

Lei ha inaugurato il suo mandato con la mostra di Amalia Del Ponte, oggi ci sono le “Furla Series” e si è da poco inaugurata anche la mostra di Giosetta Fioroni, recuperando anche spazi. Passi avanti, insomma…

«Sì, la mostra di Fioroni è la prima antologica di una grande artista del Novecento che ancora oggi ha tante cose da dire. Trovo che l’apertura di questi nuovi spazi per le mostre temporanee per artisti attuali e viventi e operativi sia un segno importante dell’attenzione al presente del museo del Novecento».

Il museo di arte contemporanea di cui tanto si è parlato negli scorsi anni, serve a Milano o no?

«Io penso che serva. E penso che sia anche che sarà un naturale sviluppo del Museo del Novecento che tra l’altro in questi anni sta aggiornando continuamente le collezioni. Il Premio Acacia è una delle fonti della collezione contemporanea del museo. Insomma, siamo già un po’ un museo di arte contemporanea; io non vedo questa fissità, e stiamo lavorando in questa direzione. Nella manica lunga, nella collezione permanente, arriveremo non più fino agli anni ’60 ma agli ’80…ma prima o poi bisognerà fare i conti con una nuova istituzione».

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