23 aprile 2018

I colori del Brasile

 
Uno sguardo a San Paolo: non solo la sua fiera SP-Arte appena conclusa, ma una metropoli che dopo aver assorbito le influenze europee, le rilancia allargandone la portata

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Negli stessi giorni di Miart a Milano, San Paolo del Brasile ha aperto le porte della 14esima edizione della Fiera SP-Arte, polo di attrazione per la scena internazionale, attentissima a quella locale. Il Padiglione, dove ogni anno è ospitata la Fiera è parte del progetto dell’architetto Oscar Niemeyer per il Parco Ibirapuera, sintesi dello spirito modernista di San Paolo, voluto nel 1954 per salutare i 400 anni dalla nascita della città. Qui, ogni due anni si svolge la Biennale, seconda al mondo a seguire quella veneziana, per favorire, ieri come oggi, una politica di apertura ad influenze esterne, in particolare europee. 
Prima però di resocontarvi la fiera, è d’obbligo uno sguardo alla città (magari foste in procinto di raggiungere San Paolo), dove un autunno temperato mantiene comunque accesa la vivacità dei colori del Paese. 
Qui, all’inizio della settimana scorsa, le gallerie ogni anno più numerose, hanno animato vari quartieri della città, le istituzioni hanno coordinato con la Fiera la loro programmazione. Le opere di Hilma Klint invitano nella Pinacoteca, isola felice all’interno di un quartiere ancora tutto da bonificare. Douglas Gordon estende le sue opere dalla galleria Marilia Razuk all’Istituto Moreia Salles, fondato dall’Ambasciatore e banchiere Walther Moreia Salles (1912-2001). Le sculture dell’artista brasiliano Véio presso Itaù Cultural illustrano tradizioni della vita di popolazioni dell’entroterra. La serie di video presentati per la mostra Mitomotim da Videobrasil racconta dell’identità brasiliana attraverso il confronto di artisti ospiti con una selezione dell’archivio storico di questa avanguardistica Associazione Culturale nata negli anni ’90 sulle fondamenta del Festival Sesc_Videobrasil (1983). Questi sono solo alcuni dei numerosissimi eventi che hanno accompagnato la Fiera. 
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Horácio Frutuoso, Um final feliz no início, 2017, acrilico su parete, © Balcony
Ne emerge il ritratto di un Paese attento a promuovere i suoi artisti, a facilitarne la crescita attraverso il confronto con la scena internazionale, a ricostruire influenze e rapporti oltreoceano, con l’Italia particolarmente forti. Proprio di fronte al Padiglione della Fiera, dall’altra parte del cavalcavia ma collegato da un ponte concepito come parte del gruppo di edifici del Parco, entriamo nell’Ex-Palazzo dell’Agricoltura, dove ogni anno uno spazio si aggiunge alla sua destinazione museale per ospitare il Mac-Usp, acronimo per Museu de Arte Contemporãnea da Universidade de São Paulo, Museo dell’Università costruito attorno alla collezione dell’industriale italo-brasiliano Francisco Matarazzo Sobrinho (a cui si deve anche l’introduzione della Biennale nel 1951), cuore pulsante delle influenze italiane in Brasile, passata attraverso il gusto e la mediazione della scrittrice e critica d’arte Margherita Sarfatti. Di questo nucleo della collezione, avevamo visto alcuni capolavori nel 2013, con l’apertura di un nuovo piano del museo salutato con la mostra “Classicism, Realism, Avant-Garde: Italian Painting Between the Wars”. Quest’anno, la mostra Visions of Art, a cura di Ana Magalhães, Carmen Aranha e Helouise Costa, ripercorre, attraverso la collezione, tutta l’arte del XX secolo nelle sue reciproche contaminazioni. Oltre ad espandersi costantemente nello spazio, il Museo cresce nelle sue intenzioni progettuali con operazioni di apertura al pubblico, come la collocazione di parte dei depositi in uno spazio espositivo, di accrescimento della collezione attraverso acquisizioni, premi e donazioni, e di scambio con musei esteri. Anche la ricerca sulla conservazione di opere moderne e contemporanee, progetto che comporta dialogo e collaborazione con diversi dipartimenti dell’Università, apre delle finestre di osservazione da parte di studiosi e pubblico.
Torniamo nelle altre sedi della città. Rimane ancora molto da vedere. È un assaggio tuttavia sufficiente per apprezzare un impegno a crescere alimentato da una forte spinta nazionalista che ci auguriamo contagi anche l’Italia, tanto quanto l’Italia ha contribuito alla crescita culturale del Brasile.
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Pino Pascali, USA Made, 1964, pastello su cartone, © Studio D`Arte Campaiola
Da qui, e con queste premesse, entriamo alla Fiera. Al suo interno, l’edificio ci accoglie in uno spazio curvo e dinamico che invita a volteggiare da una galleria ad un’altra con grande fluidità. Accanto a gallerie dell’America Latina ormai conosciute sulla scena internazionale, come Kurimanzutto di Mexico City, Luisa Strina e Millan di San Paolo (tra le altre), hanno partecipato gallerie da tutto il mondo. Per la precisione, 160 gallerie da 15 paesi. Presenti in Fiera anche White Cube Gallery e Stephen Friedman di Londra, David Zwirner e Marian Goodman di New York. Dall’Italia sono arrivati Franco Noero, Emiliano Campaiola e Galleria Continua. 
Anche quest’anno Fernanda Feitosa, fondatrice e direttrice di SP-Arte, ha costruito la Fiera attorno ad una visione che rivolge lo sguardo a 360 gradi, che cerca l’inclusione di quanti più linguaggi creativi possibili, anche quelli che sfuggono alle logiche di mercato. Con la sezione “solo”, Luiza Teixeira de Freitas ha selezionato alcuni stand monografici per facilitare l’approfondimento di alcuni artisti: affermate figure internazionali, come Dieter Roth (Zucker Art Books) e Lotty Rosenfeld (Isabel Aninat), così come giovani emergenti locali, tra cui Raquel Navas (Portas Vilaseca) e Bruno Faria (Periscopio). 
La sezione “Repertoire”, per il secondo anno curata da Jacopo Crivelli Visconti, ha costruito un dialogo tra artisti locali e opere storiche internazionali. Passeggiando tra le gallerie di questa sezione, da Emiliano Campaiola ritroviamo, tra altri capolavori, le esperienze Italiane di Forma 1 (con i lavori di Piero Dorazio, Achille Perilli e Giulio Turcato) e le sperimentazioni di Alighiero Boetti e Pino Pascali, quelle più vicine all’Arte Pop che in Brasile gode ancora di una certa fortuna. 
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Pedro Wirz, Fábula, Frisson, Melancolia, 2017, © Pedro Wirz / Blank
Una sezione della fiera è stata dedicata alla performance e l’intero piano superiore al Design. La serie di talk che hanno accompagnato l’evento hanno spaziato le argomentazioni dal collezionismo alla relazione tra arte, società e tecnologia. Attorno a quest’ultimo tema si sono confrontati due linguaggi molto diversi: quello dell’artista e curatrice Giselle Beiguelman e quello di Luli Radfahrer, professore di comunicazione presso l’Università di San Paolo. 
Il lancio e la presenza di diversi libri d’artista, accanto alle molte opere in mostra che abbracciano il linguaggio come materia, come le topografie e sculture in carta e parole di Ricardo Villa presentate dalla galleria Luciana Caravello, hanno confermato, oltre alle influenze moderniste, il forte interesse per il linguaggio e per la poesia visiva, un ambito che, in Brasile come in Italia, ha una storia radicata nel tempo. 
In sintonia con quanto accade nel resto del mondo, la Fiera è concepita per prospettarsi come vero e proprio momento di crescita sul territorio, in sinergia con ogni tipo di struttura dedicata all’arte, da gallerie a Musei, a Fondazioni. 
Elena Giulia Rossi

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