11 maggio 2018

Teatro Kinkaleri

 
“I Love You Tosca” a Prato. Ecco il debutto del nuovo spettacolo di Kinkaleri che fa amare Puccini
di Maria Antonia Rinaldi

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Sulle note della fosca overture di Tosca, irrompe in platea un uomo di nero vestito, aggirandosi guardingo avvolto nel suo mantello. La scena, è ancora più scarna di quanto non ci abbiano abituato Kinkaleri. Scarna e spettrale; come si addice alla trama dell’opera. L’uomo nero e il suo mantello è ben presente nell’immaginario infantile, e fin da subito il pubblico segue trepidante le gesta del personaggio. 
Così ha inizio I Love You Tosca, andato in scena in prima assoluta al Fabbricone di Prato lo scorso aprile, ultimo dei lavori che Kinkaleri hanno dedicato a Puccini – dopo i precedenti Turandot  e Madama Butterfly. Anche in questo caso la ri-scrittura dell’opera è dedicata al “pubblico dell’infanzia. E non solo”, come recita l’occhiello del comunicato stampa. 
Le matinée sono piene di scolaresche, per lo più elementari. Circa 240 bambini, che alla fine dello spettacolo in piedi, battendo i piedi hanno intercalato gli applausi al ritmo di “bravo”, “brava”, “bravi”. 
“Bravissimi” aggiungerei, perché non è facile appassionare dei bambini più o meno piccoli alla complessità dell’opera di Puccini. Una complessità musicale, risolta in maniera intelligente selezionando le grandi arie e accennando alcuni adagi. È il caso di Mazzoni che, rassettando  la  scena, canticchia senza parole la celebre “…e sempre lava…”, con i bambini che la canticchiano a loro volta. Come quando le celebri arie liriche venivano canticchiate in maniera più o meno intonata anche ad accompagnamendo delle faccende giornaliere. 
Kinkaleri negli ultimi anni hanno accettato la sfida di mettere in scena alla “loro maniera” le difficili opere pucciniane. Anche in questo caso hanno decostruito la trama, l’hanno scarnificata, limitando scene e personaggi ai fondamentali. Sfoltire per raggiungere l’essenziale, sempre con due sole persone in scena: il performer Marco Mazzoni e la soprano Yanmei Yang. 
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Kinkaleri, I Love You TOSCA, 2018, ph Guido Mencari
Nel caso di Tosca, l’elaborata trama è stata ridotta agli accadimenti essenziali, i numerosi personaggi limitati a tre maschili tutti portati in scena da Mazzoni che, per mezzo di un mantello, «accoglie simultaneamente tutti gli altri personaggi  nel vortice del molteplice “poter essere”, in diretta connessione con la miracolosa forza della fantasia creatrice dell’infanzia». I personaggi femminile ridotti alla sola protagonista Tosca interpretata dalla soprano Yanmei Yang.
La scena, dalle luci minimali, è semplice: scuri materassi/totem disseminati sul palco, lo rendono molto simile ad una palestra scolastica poco attrezzata.  L’essenzialità della scena aperta contribuisce sia a palesare il lavoro di scarnificazione fatto sull’opera pucciniana, sia a predisporre il pubblico di bambini e “non”, ad uno stato mentale preciso: palestra, allenamento, gioco. Una palestra per giocare con la lirica, per non esserne atterriti, schiacciati, spaventati, ma al contrario avvicinarvisi divertendosi. 
Divertirsi con Tosca, un ossimoro. 
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Kinkaleri, I Love You TOSCA, 2018, ph Guido Mencari
A spaventare non è solo la complessità musicale ma anche le vicende truculente e tragiche. 
E allora il recitativo da opera lirica viene accentuato da Mazzoni, rendendo i personaggi più surreali, eliminandone le sfumature, come fossero marionette, cartoni animati. Tosca/Yang prima della scena fatale, crea complicità con i bambini del pubblico, divertiti dall’essere interpellati per dei consigli. E ancora più divertiti a vedere quei materassoni neri trasformarsi sotto i loro occhi in dipinti, coltelli, soldati e quant’altro la storia richieda. Segni che alludono all’azione in maniera cartoonesca; morti e uccisioni diventano necessari alla trama e perdono di tragicità. Così si arriva alla struggente “E lucevan le stelle” che Mazzoni/Cavaradossi, in playback sul grande Di Stefano, manda a Tosca come ultimo video messaggio d’amore. E una bambina seduta vicino a me, piena d’ammirazione nel contemplare la video proiezione apparsa come per magia, prorompe in un “Bellissimo!”.
Maria Antonia Rinaldi

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