06 giugno 2018

La cultura è la grande assente nel discorso al senato di Giuseppe Conte. Ecco le reazioni

 

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Il primo passo del nuovo governo “terzo”, «nè di destra nè di sinistra», è stato compiuto. Giuseppe Conte ha pronunciato il suo discorso al Senato, ben saldo sulle gambe e padrone della scena, con un buon gioco di spalle e braccia. Alla sua destra, Luigi Di Maio spesso sorridente, alla sua sinistra, Matteo Salvini spesso corrucciato. Gli è andata bene, visto che ha ottenuto la fiducia al Senato con 171 sì, ovvero, 10 in più della maggioranza assoluta, 117 no e 25 astenuti. 
72 minuti cadenzati da battute per rompere il ghiaccio, ardite locuzioni logico-sintattiche, del genere «Se il populismo è ascoltare la gente allora siamo populisti», interruzioni plateali degli ancor fedelissimi forzisti, soffocati borborigmi dei piddini e commossi applausi della strana coppia M5S e Lega Nord. Strana non per molto ancora, visto che dovremo farci l’abitudine.
«Governo», «cittadini» e «Paese» i termini ricorrenti, pensioni d’oro, Giustizia, «business dell’immigrazione», apertura alla Russia, big data e sharing economy i temi affrontati. E la cultura? Non c’è stata proprio occasione di affrontare la questione e questo silenzio ha fatto rumore, soprattutto nelle fila del PD, il cui governo aveva invece fatto proprio della cultura il suo cavallo da battaglia. Comunque il trambusto non s’è sentito a Palazzo Madama, visto che le repliche sono state affidate tutte ai consueti canali dei social network e non nelle repliche dei senatori in Aula. 
«Non è un caso, non è una dimenticanza: è una scelta politica chiara. Benvenuti nel governo Conte, il governo più di destra della storia della Repubblica!», scrive Anna Ascani, responsabile Cultura del Pd. «Ha parlato di tutto, ma si è completamente dimenticato di scuola, di cultura, di territori, di enti locali», rimarca al Tg3 Andrea Marcucci, capogruppo dei democratici al Senato e presidente della Commissione Cultura a Palazzo Madama nella scorsa legislatura. «Stupisce che il presidente del Consiglio, al Senato, non abbia parlato né di scuola né di cultura», commenta su Twitter Flavia Piccoli Nardelli. Lamentele anche da Forza Italia, con Andrea Mandelli, responsabile forzista per i rapporti con le professioni, che spiega: «Nel discorso di Conte al Senato – spiega – ci sono tante lacune: dalla cultura alle grandi opere, dal Sud alla scuola. Mi ha stupito anche che il premier abbia riservato appena una breve citazione al mondo delle professioni».
Nel frattempo, Alberto Bonisoli, neoministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, si è insediato e ha affidato a Facebook le sue promesse: «Metterò il massimo impegno per valorizzare e rendere più fruibile, con un’attenta programmazione e una gestione oculata delle risorse, l’immenso patrimonio culturale e artistico del nostro Paese. Mi sono messo subito al lavoro e ho firmato alcuni atti. La burocrazia, a volte, può apparire noiosa ma questi procedimenti mandano avanti il nostro settore e dietro c’è un grande lavoro da parte dei miei colleghi di cui mi fido». A completare il post, una fotografia nella quale vediamo lo stesso Bonisoli intento a firmare alcune carte, seduto alla sua elegantissima scrivania che sembra ancora più ampia, con solo lui nell’inquadratura.

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