20 giugno 2018

Le vie dell’identità occidentale. La ricerca di Domenico Mennillo arriva a Palazzo Fondi di Napoli

 

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È un vero e proprio scambio, quello cercato con il pubblico da Domenico Mennillo per il suo ultimo progetto espositivo a Palazzo Fondi, a Napoli, luogo già al centro di un progetto di valorizzazione in cui l’intero edificio viene reinterpretato come spazio dedicato alla cultura contemporanea. Scambio perché viene proposta una tipologia di relazione in cui la partecipazione fisica del pubblico nei confronti delle opere, insieme all’invito a giocare con i propri sentimenti e nostalgie, sono di fondamentale importanza. “Abrégè d’Historie Figurative” è stato dunque presentato nell’ambito della manifestazione del Napoli Teatro Festival – facendo risaltare questa declinazione performativa, per certi versi – e racchiude, in un unico spazio, i filoni di tre ampie ricerche estetiche affrontate dall’artista in diversi momenti della sua carriera, che diventano così una sintesi e un racconto di alcuni concetti chiave della cultura filosofica e figurativa dell’occidente, come suggeritoci anche dal titolo. 
Prima di entrare nel percorso espositivo, visitabile fino al 10 luglio, un tappeto di foglie steso sul pavimento immerso nell’oscurità accoglie il visitatore, costituendo così un’anticamera che ha il compito di separare il mondo esterno dal microcosmo immaginato dall’artista. Una volta entrati nella prima grande sala, ci si trova davanti alla materializzazione del concetto di Wunderkammer, espressione tedesca che indica la cosiddetta “camera delle meraviglie”, stanza dove i collezionisti privati conservavano ed esponevano tutti i loro oggetti più rari e preziosi che, grazie alla loro singolarità e al loro valore economico, diventavano motivo di vanto e rappresentazione di status sociale. Qui il concetto viene ripreso ma al contrario, perché l’artista vi ha raccolto oggetti per la maggior parte fatti di carta, detentori di una ricchezza spirituale più che economica, come vecchi quaderni, diari, raccolte di poesie, libri contabili e vecchie fotografie, appartenuti a persone sconosciute, vissute in un passato che viene custodito con forte consapevolezza e rispetto. 
Quest’attività di raccogliere e catalogare, contraddistingue ogni tipo di ricercatore, compresi quelli che operano nel campo dell’estetica e dell’arte e, per questo, anche negli ambienti successivi Mennillo ha selezionato una serie di macchinari desueti ma perfettamente funzionanti, con cui intende mostrare un’accumulazione di memorie/oggetto che hanno plasmato la cultura attuale del mondo occidentale al fine di costituire un “atlante di immagini” da lui considerato “atlante della fertilità”. Su questa linea, ha installato a parete una serie di immagini fotografiche di città identificate come capitali decadute: Napoli, Parigi e New York. Decadute perché non più capitali della cultura occidentale ma viste e accomunate poeticamente attraverso scatti che avvicinano quei luoghi anche dal punto di vista morfologico. Non sembrano troppo lontani i tramonti sul mare a Coney Island, a sud di Brooklyn, da quelli del litorale campano, e non sono troppo lontane culturalmente queste città dalla storia differente, perché unite da punti-chiave che sono propri di tutto il mondo occidentale di cui fanno parte. 
È questo mondo meraviglioso ma, allo stesso tempo, in decadenza che l’artista ci porta a conoscere e approfondire, accompagnandoci, come un moderno Virgilio, sulle vie della nostra stessa identità culturale. (Emanuele Castellano
In home: Domenico Mennillo, particolare da “Abrégé d’Histoire Figurative”, vernissage del 16 giugno, Palazzo Fondi, Napoli. Photo by Amedeo Benestante
In alto: Domenico Mennillo, particolare da “Abrégé d’Histoire Figurative”, photo by Hermes Lacatena

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