21 giugno 2018

Palermo, droni sulla città

 

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Ieri a Palermo è stata per me la giornata dei droni, delle visioni satellitari. Pochi giorni fa un mio amico docente d’accademia, mi aveva raccontato di come fosse rimasto impressionato dalle strumentazioni scelte dai suoi studenti per raccontare l’Orto botanico di Palermo, una delle sedi di Manifesta 12. Niente macchine fotografiche – come si sarebbe aspettato dagli iscritti al suo corso di fotografia –  ma un piccolo esercito di droni, abilmente guidati, da una generazione di manovratori di joystick senza eguali. Tanto che, a un certo punto, si era venuto a produrre una specie di intasamento di droni a bassa quota sull’Orto botanico, una piccola, pacifica guerriglia aerea in cerca di un punto di vista alternativo, inedito. Dagli esiti imprevedibili, che il mio amico era trepidante di conoscere, in attesa della stampa di quegli scatti vertiginosi.
Ieri pomeriggio, invece, la visione si è spinta ben oltre il cielo del capoluogo siciliano. Si è inaugurata infatti la personale di Max Serradifalco al chiostro del complesso monumentale di San Domenico. Trasformato, fino al prossimo settembre, in una specie di osservatorio spaziale. L’artista palermitano, fermo al suo Mac, esplora infatti il mondo attraverso le mappe satellitari di Google, facendo della “Web Landscape Photography” uno strumento che permette un viaggio virtuale attraverso tutto il nostro pianeta, alla ricerca di un nuovo modo di osservare e reinterpretare le bellezze naturali della Terra. Nonché i confini degli stati, esito delle convenzioni dell’uomo, nonché causa dei suoi conflitti più sanguinosi nella storia. Nel suo progetto in mostra “Earth Flags. Transcending Boundaries”, Serradifalco reinventa le bandiere nazionali. L’opera diventa così il luogo di un processo mentale e di un’azione manuale in cui l’artista mette a fuoco l’immagine della bandiera, come quella a stelle e strisce degli USA, tra dettagli di paesaggio naturale di Bolivia, Ciad e Mediterraneo. Oppure quella della Francia, con porzioni di territorio di Oceania, Kazakistan e Kenya. Mentre la bandiera della Sicilia appare come un patchwork di Arabia Saudita, Libia, Spagna, Egitto e Islanda.
Dal satellite, poi, sono passato ai droni, in occasione della visita a “Cassata Drone”, la mostra indipendente (concept di g. olmo stuppia, a cura di Giovanni Rendina) in via Malta 21 (piazza Borsa). Giungo all’entrata dell’attico affittato per il progetto espositivo e subito mi accorgo di una pendenza anomala del pavimento. Non proprio la torre di Pisa, ma un effetto di spaesamento iniziale c’è. La spiegazione me la fornisce gentilmente l’architetto Vincenzo Stuppia, che ben conosce le vicissitudini dello stabile. A partire da quel 1° marzo del 1943 quando una bomba alleata ne segnò per sempre l’inclinato destino, condannandolo a pendere per sempre da un lato. Senza problemi per l’abitabilità dell’edificio a quanto pare, ma con l’effetto collaterale tipo ruota panoramica da luna park. L’attico si presenta, così, naturalmente denso di assonanze con gli azzardi letterari di Italo Calvino e di Georges Perec. Luogo ideale dove, allo spazio reale della geopolitica contemporanea, l’arte possa continuare a opporre il tempo interno dei propri codici, fatti di distanziamento, d’intervallo e di irriducibile senso dell’utopia. Si parte dalla metafora della stratificazione contenuta nella cassata siciliana, nonché dalle sue radici, sapori e umori multietnici, per passare poi al drone, per aprire – come recita il comunicato stampa – “uno spazio di elaborazione critica ed estetica delle forme militari che rendono l’isola una ‘portaerei’ naturale (Frontex, Hawk Drone, Predator Drone, Muos)”. Insomma, si parla di Sigonella e affini. Gli artisti coinvolti sono Raqs Media Collective, MDR (Maria D. Rapicavoli) e Stefano Cagol. Le ceramiche “aeree” inanellate nel salone dell’attico da Rapicavoli, per esempio, riproducono le zone tattiche aeree della mappa militare della Sicilia in cui è permesso esercitarsi con i droni militari. Mentre Stefano Cagol, nel suo “The Body of Energy”, evoca l’equipaggiamento di camere a infrarossi dei droni militari. E il discorso potrebbe continuare e articolarsi oltre come la pendenza dello stabile, e in particolare dell’attico, dove mi trovo. Sicuramente i “padroni di casa”, g. olmo stuppia (non uso le maiuscole perché ne fa una questione di “depotenziamento autorale”, e il promettente curatore Giovanni Rendina mi potrebbero condurre a tanti altri ragionamenti in tema. L’occupazione, l’inculturazione dell’isola come fenomeno dallo sbarco alleato a oggi… Ma la sera incalza, scende sull’attico. Li saluto, con un interrogativo che mi rimbomba nella mente lungo la strada di ritorno. Perché non sono stati inclusi tra i collateral di Manifesta 12? (Cesare Biasini Selvaggi) 
 
In alto: Raqs Media Collective, Cassata Subduction, copyright: cassatadrone, F. Cutitta. 
In homepage: MDR (Maria D. Rapicavoli), Crooked Incline, copyright: cassatadrone, F. Cutitta.

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