04 luglio 2018

Cinque per l’Africa. Con Fiscaletti & Grobler

 

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È noto che per una settimana all’anno la città di Basilea si trasformi in una sorta di universo parallelo dedicato alle arti visive contemporanee grazie un’altissima densità di eventi. Tra questi da giugno 2015 c’è anche PhotoBasel International art fair, in quei giorni la sola fiera dedicata interamente alla scena fotografica internazionale. Tra le tante iniziative PhotoBasel ospita l’attesissimo CAP Prize – International Prize for Contemporary African Photography.
Il CAP Prize, fondato nel 2012 da Benjamin Füglister, premia ogni anno cinque progetti fotografici dedicati al continente africano o alla diaspora dei suoi abitanti. Dalla sua fondazione ha rapidamente giunto una solida reputazione internazionale ed è stato assegnato a fotografi del calibro di Cristina De Middel, Zed Nelson, Sabelo Mlangeni e molti altri.
A selezionare venticinque progetti fotografici finalisti e poi cinque vincitori – proclamati a metà giugno – una giuria di ventiquattro esperti del settore provenienti da Africa, America, Asia e Europa, tra cui Azu Nwagbogu (fondatore del Lagos Photo Festival e oggi anche direttore dello Zeitz Mocaa di Città del Capo), Simon Bainbridge (editore del British Journal of Photography) e Bibi Silva (curatrice). 
Il premio 2018 è stato assegnato a Yassine Alaoui Ismaili (1984, Marocco), Paul Botes (1974, Sudafrica), Anna Boyaizis (1968, USA), Phumzile Khanyile (1991, Sudafrica) e al duo Tommaso Fiscaletti (1981, Italia) & Nic Grobler (1979, Sudafrica) premiato per il progetto “Hemelliggaam or The Attempt To Be Here Now” – “2016-2018”, che raccoglie i primi due anni del progetto, ancora in corso. A valere loro il premio lo stesso progetto a cui era stata dedicata una grande mostra curata da Filippo Maggia lo scorso aprile all’Iziko South African Museum di Città del Capo.
Non è apparso un comunicato scritto con le motivazioni del premio, ma a quanto pare il lavoro di Fiscaletti – di casa a Città del Capo dal 2012 – e Grobler – nato in Sudafrica – è stato apprezzato, ancora una volta, oltre che per la qualità fotografica, anche per la sua capacità di muoversi in una complessità singolare: la struttura su cui è basato, che lo rende un progetto dal taglio concettuale e lo svincola da una propensione puramente documentaristica. Grazie all’intreccio di elementi del mondo astronomico, dimensioni sociali, luoghi e cultura popolare (con riferimenti al filone della narrativa fantascientifica sviluppatasi in Sudafrica tra gli anni ’20 e ’70 del secolo scorso) il progetto, infatti, diviene una zona di interconnessione tra ciò che è fotografabile e ciò che non lo è, riuscendo così non solo a documentare, ma anche a cogliere dimensioni immaginative sia private che sociali. 
In palio con il CAP Prize c’è ogni anno l’invito a una serie di partecipazioni a mostre e festival internazionali e pubblicazioni in importanti riviste di settore. 
Già nelle prossime settimane i progetti vincitori dell’edizione 2018 saranno presentati al festival Encuentros Abiertos in Argentina e a settembre saranno in Europa, a Basilea per lo IAF Contemporary Art Festival a cui seguiranno molti altri eventi. (Silvia Conta)
In alto e in homepage: Die Hemelblom # 1 (From “Die Hemelblom” By Jan Rabie, 1971), Carnarvon, Northern Cape

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