10 luglio 2018

Dalla Cina alla Georgia. E poi? Rosalba Garuzzo ci racconta il giro del mondo in 68 mostre

 

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Qual è il linguaggio che si parla in tutto il mondo? Quello dell’arte, visivo, oggettuale e ideale allo stesso tempo, che non solo tende a superare la particolarità degli spazi politici e geografici ma mette anche in evidenza i punti di contatto, generalmente condivisi, tra le culture, le società e le storie. Ed è comunicando in questo modo che l’Istituto Garuzzo per le Arti Visive, fin dalla sua fondazione, nel 2005, è riuscito a portare 68 mostre in 43 spazi espositivi tra 13 nazioni. Argentina, Armenia, Cile, Cina, Corea, Croazia, Giordania, Inghilterra, Italia, Russia, Slovacchia, Uruguay e, adesso, la Georgia dove, fino al 26 agosto, alla National Gallery di Tbilisi, sarà visitabile “Evidence. A New State of Art”, mostra a cura di Alessandro Demma e con Marisa Albanese, Botto&Bruno, Fabrizio Cotognini, Alberto Di Fabio, Eugenio Giliberti, Paolo Grassino, Luigi Mainolfi, Domenico Antonio Mancini, Marzia Migliora, Nino Migliori, Mimmo Paladino, Giulio Paolini, Perino&Vele, Michelangelo Pistoletto, Pierluigi Pusole, Giuseppe Stampone, Elisa Strinna, Adrian Tranquilli. E non solo momenti espositivi ma anche call per residenze – come quella chiusa ad aprile a Buenos Airescome quella appena aperta per l’Iran – premi e bandi, tutti rigorosamente proiettati verso l’esterno. Ci dice di più Rosalba Garuzzo, fondatrice dell’Istituto insieme a Giorgio Garuzzo
Nel corso delle sue attività, l’Istituto Garuzzo si è spesso aperto al rapporto con istituzioni estere. A cosa è dovuta questa scelta – portata avanti, mi sembra, con la fermezza di una missione – e quali sono stati i risultati?
 «Abbiamo fatto di una passione una missione: promuovere l’arte contemporanea italiana nel mondo. A tredici anni dalla nostra fondazione abbiamo sviluppato collaborazioni e scambi con artisti, musei, università, curatori, gallerie e fondazioni, enti pubblici e privati su scala internazionale che ci ha permesso di costruire un network di relazioni, sovente divenute durature amicizie, che oggi attraversano numerosi paesi nel mondo, senza frontiere e senza barriere. Per dare continuità alla nostra missione nasce il progetto residenze per l’arte ideato per supportare i giovani artisti offrendo loro l’opportunità di soggiornare all’estero stimolando la ricerca artistica immergendosi in nuove realtà culturali. Uno scambio tra artisti emergenti che arricchisce le molte anime dell’Istituto Garuzzo, l’idea che l’arte possa non solo essere ponte ma anche palestra, laboratorio di nuove idee per coltivare la cultura delle diversità». 
Da Castel Sant’Elmo, a Napoli, ultima sede di “Evidence”, si vola a Tblisi, in Georgia, per una mostra in collaborazione con il Ministero degli Affari Esteri e con l’Ambasciata d’Italia a Tbilisi. Come si è sviluppato questo dialogo e cosa vedremo? 
«Il progetto espositivo si inserisce all’interno del programma Vivere all’Italiana voluto dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e sviluppato localmente dalle diverse Ambasciate: un’iniziativa di grande respiro realizzata dalla Direzione del Sistema Paese Italia, volta ad esportare la nostra cultura in tutto il mondo. L’Istituto Garuzzo, che da anni collabora con il MAECI, partecipa a questo grande evento con Evidence. A New State of Art, portando per la prima volta l’arte contemporanea italiana in Georgia dopo la significativa tappa di Napoli, oggi una delle città culla del contemporaneo italiano. Una collettiva di 18 artisti italiani completa e rappresentativa, dai grandi maestri alle giovani promesse, che racconta l’arte contemporanea dagli anni 50 ad oggi». 
La Georgia è un’area ancora tutta da scoprire, dal punto di vista del contemporaneo. Cosa vi ha trovato? Qual è il polso della situazione? 
«La Georgia è una nazione di grande tradizione culturale che oggi guarda con grande interesse all’Europa. Il contemporaneo è fortemente influenzato dalla contaminazione artistica di diversi stili e culture caratteristici di un territorio crocevia di popoli, che ha saputo fare della diversità una ricchezza. Si presenta come un Paese attento, sensibile e curioso nei confronti dell’Italia e della sua cultura; a dimostrazione di questo il grande numero di visitatori che la mostra sta avendo». 
Ci sono altri progetti in programma e, soprattutto, dove? 
«Il grande successo della mostra sta aprendo future possibili collaborazioni con altri paesi di quell’affascinante area del mondo ponte tra Europa e Asia. Potremmo tracciare un ideale tragitto sulla Via della Seta che ci porterà fino in Cina, il prossimo novembre. Paese quest’ultimo che l’Istituto Garuzzo conosce dal lontano 2006; nel quale ha finora realizzato ben sedici mostre. Altra tappa importante di questo viaggio straordinario sarà l’Iran, che ci vedrà a Teheran il prossimo anno, porteremo la nostra arte le nostre idee le nostre emozioni. La diplomazia culturale è il motore che anima la nostra missione e che alimenta la nostra passione. Il nostro viaggio sarà lungo e avvincente…».

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