14 luglio 2018

Questione di prospettive. Il vulcano multicolore di Ferruccio Orioli, per l’Hotel Vesuvio

 

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A Napoli, l’arte contemporanea ha trovato nelle stazioni sotterranee della metropolitana spazi di esposizione insoliti, a disposizione di cittadini e turisti. La contiguità fra i luoghi urbani e le tante emergenze artistiche e monumentali con gli spazi progettati delle stazioni e le opere di grandi nomi dell’arte, costituisce una proposta di lettura e scoperta di modi originali per la fruizione della creatività artistica e della continuità della storia della cultura. Il progetto di Ferruccio Orioli, appena completato, inverte quella prospettiva dello sguardo, dall’alto verso il basso, nel sottosuolo della città, ribaltando il senso del percorso di visita, dal basso verso l’alto. 
Per visitare l’opera, si sale sulla terrazza panoramica di un hotel del cosiddetto “lungomare liberato” – il Grand Hotel Vesuvio – e all’apertura delle porte dell’ascensore si presenta allo sguardo, prima di ogni cosa, il suoVesuvio multicolore che erutta un olivo spettinato fra i cui rami si intravede, dall’alto, la mole distesa di Castel dell’Ovo e l’isola di Capri quasi poggiata sulle sue coperture. 
Un lavoro che si presenta con tutte le connotazioni del site specific: la grande terrazza dell’hotel Vesuvio è stata infatti ridisegnata da Orioli e Paola Lanni per realizzare un’altana, bar panoramico e solarium intorno a quell’opera vivente. Lo spazio è definito solo dalle vedute a 360°: la collina di Pizzofalcone, il Vesuvio e il golfo, Castel de l’ovo e Posillipo. Nessun volume ne interrompe la continuità, solo il vetro trasparente dei parapetti ci separa. Il progetto architettonico del luogo è un gioco di superfici e di materiali naturali funzionali agli usi previsti: la vasca, il solarium, il prendisole e le sedute. 
L’unica emergenza risulta il simulacro del vulcano, realizzato in collaborazione con Gianmarco Biele ed eseguito da Zillig design. Non lo definisce il grigio lavico naturale, minaccioso presagio di distruzione, ma uno sfavillare di scaglie triangolari di gres porcellanato multicolore. Questa superficie, solcata da una ragnatela di tracciati che si inerpicano verso la sommità del cratere e l’olivo “pendolino”, al tempo stesso gigantesco alla scala del vulcano e poco più di un bonsai alla scala reale, appare quasi una versione pop del nostro immaginario dell’arte giapponese, un suggerimento di vitalità prorompente. 
Nel corpus artistico di Orioli, quest’ultimo lavoro è una sfida per arricchire, con la sperimentazione spaziale e materica, il suo consolidato linguaggio degli acquerelli di ogni dimensione su carte pregiate (è in corso di installazione nel Polo Universitario di san Giovanni a Napoli la sua grande opera Orbita ellittica già esposta a Castel sant’Elmo nel 2011) o delle lievi composizioni e collage di materiali recuperati. Una sfida, come artista, a se stesso e, come architetto, alla disciplina nel trasfigurare un elemento di arredo e di decoro in una complessa suggestione estetica. (Giancarlo Ferulano)

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