16 luglio 2018

TEATRO

 
Riappropriarci dell’intelligenza emotiva. L’invito di Santarcangelo contro la paura e per una nuova “rivoluzione”
di Francesca Ceccherini

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“Rivoluzione – revolução – revolution – révolution” è l’eco che risuona nella mente nei primi giorni a Santarcangelo dopo la performance Gold – rising version di Francesca Grilli, all’apertura del Festival di performing arts inaugurato lo scorso 6 luglio.
Santarcagelo Festival si apre con un tema di profonda valenza sociale e politica: la paura, un tema che interpreta in maniera lucida l’attualità che stiamo attraversando e di cui, ne è testimone l’opinione pubblica, si ha probabilmente poca consapevolezza. Un sentimento umano che da sempre determina stallo, involuzione, schiavitù morale, interdizione di libertà, soffocamento ideologico, indifferenza. Un sentimento di facile manipolazione, nefasto e infettivo, che si insedia con inquietante silenzio nella coscienza di persone e società quando qualcosa non funziona, quando la rottura di quel “qualcosa” – l’ideologia? – non permette più di scegliere, ma più facilmente di chiudere gli occhi, di ubbidire. 
Era Zygmunt Bauman a sostenere che “il male e la paura sono gemelli siamesi” e la Arendt a testimoniare di come il male e il suo terrore si determinino nella loro stessa banalità. La banalità di ingannare se stessi, di cedere ai poteri più forti, a favore di un’apparente condizione di normalità, di sbiadire la coscienza critica e la capacità di pensare (anche dal punto di vista di qualcun altro). E ben lo rilevano gli accadimenti di questo tempo, italiano ed europeo, in cui assistiamo all’affermazione di stati autoritari e neo-nazisti, alla totale assenza di nuovi ideali per le future generazioni, a episodi di negazione di accoglienza, di razzismo, di xenofobia, a omissioni di soccorso in mare, a disumanizzazione: una cornice socio-politica che rilascia a gocce graduali e velenose Paura. 
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Dewey Dell I am within 2018 © Tristan Petsola
Santarcagelo Festival, curato per il secondo anno da Eva Neklyaeva e Lisa Gilardino, porta al centro questo tema e lo traduce attraverso il linguaggio performativo e l’uso del corpo. A un pubblico che si contraddistingue sin da subito per la sua internazionalità (di cui gli operatori stranieri sono nettamente in numero maggiore rispetto ai nazionali), SF denuncia l’urgenza di riappropriarsi dell’”intelligenza emotiva”, come dichiarano le stesse curatrici, attraverso l’esperienza dell’arte e la sua capacità di incoraggiare, sollecitare, liberare, trasformare. 
E la performance di Francesca Grilli (Bologna, IT 1978) centra pienamente l’obiettivo.
Rivoluzione – revolução – revolution – révolution … è il canto suadente di tre voci femminili che, dentro la platea apparentemente buia del Supercinema di Santarcangelo, recitano titoli di riviste e giornali di tutto il mondo. I testi sono selezionati attraverso la ricerca della parola “rivoluzione” – oggi quiescente e svuotata del suo significato – per testimoniare il progressivo abbandono dei valori della libertà da parte dei movimenti rivoluzionari. Il canto a cappella, restituito da tre donne di diverse generazioni, è accompagnato dalla presenza di tre falchi, animali magici e simbolici del risveglio dello spirito che volano liberamente nello spazio per raggiungere la luce delle torce, accese a intermittenza, che indicano loro una strada, un obiettivo, una meta. Il loro movimento nel buio, metaforico di spaesamento, sollecita sentimenti di seduzione e minaccia, attrazione e repulsione: quelli propri di ogni trasformazione.
A dare immagine alla morte attraverso una danza di segni, interpretati da una bambina poco meno che adolescente, è la compagnia Dewey Dell, nata nel 2007 e attualmente divisa tra Berlino, Cesena e Vilnius. Un sipario di colore nero, che assume forme antropomorfe, fa da sfondo alla performance I am within per esplorare le sfumature della paura in relazione alla pervasiva contingenza della morte, in una sorta di danza macabra accompagnata da suoni a basse frequenze, all’orecchio inudibili, rilevate da cetacei. 
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Tamara Cubas, Multitud, 2018 © Tani Simberg
Nello sferisterio di Santarcangelo, luogo originariamente utilizzato per alcune specialità di gioco, Sissi (Bologna, IT 1977) disegna la performance Unravelling vein, un’azione che vede il corpo dell’artista annodarsi, srotolarsi, muoversi e riannodarsi in una lunga corda colorata, finemente lavorata, che fa capo a un grosso gomitolo. Come un sistema di radici raccolte, Sissi compie un esercizio del corpo che gioca con la nostra immaginazione, in un movimento tra passato e futuro, tra ciò che eravamo e saremo: “un nodo, carne intrecciata che si chiama origine”. 
A restituire il tema del festival, con dissacrazioni acute e intelligenti, sono Michelle Moura – performer e coreografa brasiliana che con FOLE ha portato in scena un’interpretazione animalesca e provocante, che finisce per avere una funzione catartica nei confronti della violenza – e Tamara Cubas – artista uruguayana che ha interpretato, con la performance corale Multitud, il concetto di differenza e moltitudine, attraverso l’incontro e lo scontro, fisico ed ideologico, che può verificarsi all’interno di una collettività. 
Attraverso percorsi artistici che danno corpo a una ricerca viva e attuale, itinerante in diversi luoghi della piccola città di Santarcangelo, SF porta sentimenti esasperati, spaesamento, azioni di rabbia, terrore e follia, richieste di aiuto insieme a gesti di affetto: tutto ciò fors’anche in funzione di un appello alla nostra umanità. Chapeau a Santarcangelo!
Francesca Ceccherini

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