26 luglio 2018

Ecco un monumento all’Incompiuto

 
Per oltre dieci anni il collettivo artistico Alterazioni Video ha raccontato il fenomeno delle opere pubbliche incompiute in Italia con fotografia, scultura e video. La loro ricerca mappa questi edifici e ha portato alla definizione di un nuovo stile architettonico: l’Incompiuto

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Incompiuto: La nascita di uno stile è approdato a Palermo da oltre un mese. Alterazioni Video, collettivo artistico composto da Paololuca Barbieri Marchi, Alberto Caffarelli, Matteo Erenbourg, Andrea Masu e Giacomo Porfiri, porta avanti questo progetto da 10 anni. L’operazione, nata come mappatura delle strutture architettoniche in Italia finanziate con fondi pubblici e mai ultimate, si propone, tramite uno studio formale, di descrivere un vero e proprio stile architettonico, da loro definito il più importante stile italiano degli ultimi 50 anni. In occasione di Manifesta12 la ricerca è stata presentata attraverso diversi elementi diffusi nella città, curati da Giacomo Iannella: una mostra al Centro Internazionale di Fotografia, un’installazione video Presso l’ex Chiesa di San Mattia ai Crociferi e un’installazione fotografica sul pannello pubblicitario di via Santa Teresa.                           
L’installazione video, sicuramente una delle componenti più interessanti dell’estate palermitana di Manifesta12, permette di avvicinarsi alle architetture incompiute grazie ad inquadrature fisse, accelerate o rallentate, per penetrarle attraverso riprese aeree e in soggettiva. A queste immagini si alterna un dialogo tra Marc Augé e Robert Storr. I due studiosi analizzano la contraddizione che portano in sé queste strutture, rovine di un futuro mai realizzatosi. Davanti allo schermo è presente una scultura composta con materiali da costruzione estratti da un sito incompiuto, su cui spicca una Katana realizzata dalla lavorazione di un tondino in ferro zigrinato. Sfortunatamente per chi visiterà Palermo nelle prossime settimane, l’installazione, aperta fino al 20 giugno, non è più visitabile.
Ancora visitabile fino al 20 settembre è, invece, la mostra al Centro Internazionale di Fotografia, all’interno dei Cantieri Culturali della Zisa. Il percorso espositivo è strutturato in due ambienti collegati, in cui sono presenti diverse foto in forma di adesivi murali. In esse le architetture incompiute si presentano imponenti, circondate dalla natura che si fa largo nello stato di abbandono delle strutture. Acciaio e cemento sono i protagonisti di queste anatomie, che, per via del forte contrasto con la vegetazione selvaggia che le circonda, sembrano provenire da un mondo altro. Invece, questi monumenti esistono in grande quantità nella Penisola. Sono oltre 1500. All’interno della sala, installati su uno dei muri, spiccano i nove punti del Manifesto Incompiuto, che definiscono gli elementi fondanti dello stile circoscritto dal collettivo. Essi comunicano come l’operazione sia volta a ripensare la percezione di questi edifici non ultimati, esaltandone le forme, non dovute alla sola volontà dei progettisti, bensì generate dalla dinamica dell’appalto e dalle sue variabili (errori progettuali, bancarotta, valutazioni economiche inaccurate, drenaggio di fondi). Proprio a questo concetto di riconsiderazione sembrano ammiccare i due espositori per poster che, all’interno della mostra, permettono di sfogliare svariate fotografie di costruzioni non terminate. Tale espediente espositivo, ricostruito con griglie metalliche di corrugato arrugginito, insieme alla scelta di riconoscere gli “incompiuti” facendone dei poster, sembra suggerire che la caserma dei Carabinieri incompiuta di Acri abbia una rilevanza simile a quella del Colosseo, che il Pontile incompiuto Ex Sir di Lamezia Terme sia analogo al Ponte di Rialto. 
A completamento della mostra è stato prodotto il catalogo omonimo, Incompiuto: La nascita di uno stile. Curato da Alterazioni Video e da Fosbury Architecture, ed edito da Humboldt Books, il volume raccoglie dieci anni di ricerca: la mappatura dettagliata dei siti individuati dal collettivo e un insieme di 160 immagini, oltre ad una folta raccolta di contributi testuali. 
Sempre a cura di Fosbury Architecture ed Alterazioni Video, Incompiuto ha anche generato una Summer School, a Palermo dal 18 al 24 giugno, con l’intento di avvicinare gli studenti ad un fenomeno che, oltre a delineare una componente stilistica diffusa in tutto il paesaggio italiano contemporaneo, può diventare una lente attraverso la quale rileggere le criticità del recente passato del Paese. Dal secondo dopoguerra ad oggi, infatti, l’Italia ha assistito ad una proliferazione di opere pubbliche non ultimate. La riconsiderazione del valore di queste costruzioni diventa l’occasione per ragionare su quello che è stato, ed è, lo sviluppo infrastrutturale del Paese, in termini formali, politici ed ideologici.
Al termine della Summer School è stata organizzata una visita presso la Diga incompiuta di Blufi, a circa un’ora e mezza di auto da Palermo. Il progetto della diga risale ai primi anni 60. I lavori, Iniziati nel 1990, si sono interrotti nel 1995, per poi riprendere nel 2001 ed interrompersi nuovamente nel 2013. In totale la diga occupa un terreno pari a 5,5 ettari ed è costata circa 260 milioni di euro alle casse pubbliche. 
Dopo un incontro iniziale in prossimità dell’impianto idrico abbandonato, i visitatori hanno percorso senza illuminazione il tunnel che attraversa tutta la struttura, dovendo procedere a tentoni nella parte centrale data la totale assenza di luce. Al termine di questo passaggio, tra il platonico e il post-atomico, il gruppo, composto da persone di ogni tipo, da famiglie con bambini, fino ad artisti del palermitano e giovanissimi skater, si è ritrovato di nuovo alla luce del sole, in un ambiente nel quale un canneto spontaneo si compenetra con il cemento della diga. Questo si è rivelato essere il punto di osservazione della performance dell’artista siciliana Claudia di Gangi che, indossando un lunghissimo drappo rosso, ha segnato visivamente gli argini della diga. Successivamente, una volta raggiunto il letto della diga, tramite delle corde appositamente installate, i visitatori hanno potuto arrampicarsi e scendere dagli argini a loro piacimento. La distopica scampagnata domenicale è terminata con un pranzo attorno al fuoco a base di pasta al forno e carne arrostita.
Questo esperimento di riutilizzo di una struttura incompiuta, indica la traiettoria che il collettivo porterà avanti. L’idea è quella di lavorare fisicamente sugli incompiuti, portandoli alla vita attraverso nuove funzioni. La direzione è quella tracciata dalle parole di Marc Augé durante le riprese dell’installazione video: “La storia, con i suoi scontri e le sue contraddizioni, può darci la sensazione che essa non sia che un invito all’azione”. (Giovanni Rendina)

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