24 agosto 2018

Un gruppo di ricercatori italiani ha riprodotto la Gioconda con una colonia di batteri

 

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C’è chi dipinge con l’acrilico e chi con secrezioni corporali, c’è chi si diverte a ricreare pigmenti seguendo antiche e segrete tecniche di bottega e chi compone paesaggi autunnali usando il buon vecchio Paint oppure complessi algoritmi procedurali. E come dipingerebbe un fisico sperimentale? Con colonie di batteri, ovvio. 
Un gruppo di ricercatori italiani è riuscito a riprodurre una copia perfetta della Gioconda, usando organismi geneticamente modificati dell’Escherichia Coli, quei simpatici esserini coliformi che hanno scelto l’intestino dell’uomo e di altri animali come casa dolce casa e che per ringraziarci ci regalano cose come dissenteria, peritonite, setticemia e una serie completa di infezioni del tratto urinario. Ma hanno anche la peculiarità di essere molto sensibili. Alla luce, più che alla grande storia dell’arte. 
E così gli scienziati hanno pensato di ibridare la proteodopsina, una proteina sensibile alla luce, al flagello di E. Coli, in pratica installando un pannello solare a un motore di coda. Più luce riceve il batterio e più velocemente si sposta, con i batteri più lenti che tendono a raggrupparsi e quelli più rapidi che si allontanano. «Penso che sia una prova interessante della possibilità di usare i batteri come mattoni per costruire strutture su microscala, in modo economico e semplice», ha spiegato Roberto Di Leonardo, professore associato dell’Università Sapienza di Roma, la cui area di ricerca verte su intrappolamento ottico e materia attiva. Di certo non si fa solo per gioco e magari un giorno si potranno costruire microscopici dispositivi di trasporto di materiale biologico da usare in campo medico. 
In attesa di una linea ad alta velocità ferroviaria poco ingombrante, l’E. Coli è riuscito a riprodurre il capolavoro di Leonardo da Vinci con una precisione stupefacente, se si considera la scala microscopica dell’opera. Ma non ci si è fermati all’arte rinascimentale. Sfruttando il movimento, infatti, i ricercatori hanno dipinto anche un volto di Albert Einstein che, nell’arco di cinque minuti, si trasforma in quello di Charles Darwin. Magari la prossima evoluzione della pittura si osserverà al microscopio.

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