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«Portatelo via da qui o dategli la giusta valorizzazione, così il Comune offende e delude i donatori americani», ha scritto Carlo Orlandini, portavoce del comitato per il Gran Cavallo, in una lettera al sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Il cavallo della discordia è quello cosiddetto di Leonardo, o meglio, realizzato in tre copie dall’artista Nina Akamu sugli schizzi leonardeschi e commissionato dall’americano Charles Dent, sul modello di quello che i soldati francesi avevano distrutto nel 1499, durante l’assedio al Castello Sforzesco. L’opera fu donata all’Italia nel 1999 e installata davanti all’Ippodromo dove, secondo il Comitato, è stata lasciata a se stessa.
Ma il Cavallo è proprio nel posto giusto, ha risposto l’assessore alla Cultura, Filippo Del Corno, aggiungendo che la statua è anche al centro del progetto per il cinquecentenario della morte di Leonardo. E ha aggiunto: «Certo, è un’opera che può avere un valore simbolico per la storia della città. È bellissimo e mi piace tanto, ma cambiamo nome. Chiamiamolo il cavallo di Milano».