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È scomparso più di una settimana fa, ma la notizia è trapelata solo poche ore fa: Paul Virilio, grande sociologo, filosofo e urbanista, è scomparso a Parigi a 86 anni.
Pochissime le altre informazioni, se non che si sia trattato di un arresto cardiaco e le dichiarazioni della figlia Sophie, su tutti i giornali la stessa: «Qualche giorno prima della morte lavorava con Jacques Arnould per la pubblicazione di un’opera e stava preparando una nuova mostra insieme alla sua ex allieva, l’architetto Hala Wardé».
Un addio silenzioso a quel pensatore che, invece, del “rumore quotidiano” tra la realtà e la sua sparizione nel suo mutare in un ipertesto labile, aveva fatto la sua bandiera.
Interessato in quella che lo stesso Virilio definiva “l’architettura della guerra”, aveva ricondotto i suoi studi in maniera perfetta anche alla nostra vita quotidiana, con le sue dissertazioni sulla dromologia come “la scienza (o la logica) della velocità legata proprio al conflitto e al dominio, perché “possedere territori significa gestirne movimento e circolazione”, scriveva.
Tra i suoi titoli più famosi, tradotti in italiano e pubblicati da Raffaello Cortina, vi sono Città Panico, La bomba informatica, L’incidente del futuro.
Scriveva, già nel 1984, il L’orizzonte negativo: “La tecnologia non può esistere senza la possibilità di incidenti. L’incidente è ciò che c’è di inopinato, di non previsto e nasce con la nascita stessa della tecnologia: quando si è inventato il battello si è inventato anche il naufragio, quando si è inventato il treno, tecnologia per spostarsi più velocemente, si è creata la catastrofe ferroviaria. È qualcosa di insuperabile che però la tecnocrazia censura, essa accetta infatti solo di vedere la positività del suo oggetto e dissimula senza posa l’incidente”.
Addio Professor Virilio, accusato di aver usato una terminologia assolutamente troppo “tecnica” e che alla fine, aveva capito forse prima di molti, che con gli sviluppi delle tecnologie l’umanità “sta producendo una precisa idea del niente e dell’assenza”. E qualcosa, da oggi, mancherà un po’ di più tra i pensieri.
Pochissime le altre informazioni, se non che si sia trattato di un arresto cardiaco e le dichiarazioni della figlia Sophie, su tutti i giornali la stessa: «Qualche giorno prima della morte lavorava con Jacques Arnould per la pubblicazione di un’opera e stava preparando una nuova mostra insieme alla sua ex allieva, l’architetto Hala Wardé».
Un addio silenzioso a quel pensatore che, invece, del “rumore quotidiano” tra la realtà e la sua sparizione nel suo mutare in un ipertesto labile, aveva fatto la sua bandiera.
Interessato in quella che lo stesso Virilio definiva “l’architettura della guerra”, aveva ricondotto i suoi studi in maniera perfetta anche alla nostra vita quotidiana, con le sue dissertazioni sulla dromologia come “la scienza (o la logica) della velocità legata proprio al conflitto e al dominio, perché “possedere territori significa gestirne movimento e circolazione”, scriveva.
Tra i suoi titoli più famosi, tradotti in italiano e pubblicati da Raffaello Cortina, vi sono Città Panico, La bomba informatica, L’incidente del futuro.
Scriveva, già nel 1984, il L’orizzonte negativo: “La tecnologia non può esistere senza la possibilità di incidenti. L’incidente è ciò che c’è di inopinato, di non previsto e nasce con la nascita stessa della tecnologia: quando si è inventato il battello si è inventato anche il naufragio, quando si è inventato il treno, tecnologia per spostarsi più velocemente, si è creata la catastrofe ferroviaria. È qualcosa di insuperabile che però la tecnocrazia censura, essa accetta infatti solo di vedere la positività del suo oggetto e dissimula senza posa l’incidente”.
Addio Professor Virilio, accusato di aver usato una terminologia assolutamente troppo “tecnica” e che alla fine, aveva capito forse prima di molti, che con gli sviluppi delle tecnologie l’umanità “sta producendo una precisa idea del niente e dell’assenza”. E qualcosa, da oggi, mancherà un po’ di più tra i pensieri.