27 settembre 2018

La finale del Turner

 
Solo immagini in movimento per il Turner Prize 2018. Alla Tate Britain la mostra dei quattro finalisti.

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Tra i premi per l’arte contemporanea più importanti al mondo, l’annuncio del vincitore del Turner Prize è ogni anno preceduto da un’attesissima mostra che presenta al pubblico la ricerca dei finalisti in gara. In palio un premio di 25mila sterline, che benché sia una cifra notevole, non sfiora nemmeno l’enorme valore che questo riconoscimento può avere nella carriera di un artista. Da oggi alla Tate Britain è visitabile (fino al 6 gennaio) la mostra dei quattro finalisti in lizza per la 34ma edizione del premio, tra cui il 4 dicembre sarà proclamato il vincitore, durante una cerimonia trasmessa in diretta dalla BBC.: Forensic Architecture, Naeem Mohaiemen, Charlotte Prodger e Luke Willis Thompson.
Gli artisti dell’edizione 2018 sono forse poco noti al grande pubblico, ma vale la pena approfondire le loro ricerche, giudicate degne di contendersi un premio che fa capo a una  giuria di altissimo livello: presieduta da Alex Farquharson, direttore della Tate Britain, è  composta da Oliver Basciano, critico d’arte e International Editor di Art Review, Elena Filipovic, direttrice della Kunsthalle Basel, Lisa Le Feuvre, direttore esecutivo della Holt-Smithson Foundation e Tom McCharthy, scrittore e visiting professor alla Royal College of Art.
«I finalisti di quest’anno – afferma Alex Farquharson – affrontano alcuni dei più importanti temi di oggi, dall’identità queer alle violazioni dei diritti umani, alla violenza delle forze dell’ordine fino alle migrazioni postcoloinali e all’eredità dei movimenti di liberazione. Per la prima volta tutti i finalisti lavorano con le immagini in movimento ed è entusiasmante vedere l’ampia gamma di tecniche e stili che utilizzano».
Solleticati dalla curiosità per questa 34ma edizione, che – come ha commentato il quotidiano “The Guardian” – si configura come la più politica di tutta la storia del Turner Prize, oltre a essere la prima costituita interamente da immagini in movimento, abbiamo voluto farci un’idea delle opere in mostra attraverso il comunicato diffuso dal museo:
«Il collettivo Forensic Architecture presenta la sua ricerca sulle comunità beduina della regione Naqab/Negev, a Sud di Israele. Insieme ai membri del collettivo Activestills, Forensic Architecture documenta un evento del 2017 in cui il tentativo di smantellare un insediamento beduino non autorizzato si conclude con la morte di due persone. Forsensic Architecture – il più grande collettivo che sia mai stato selezionato per il Turner Prize (ndc) – è un’agenzia di ricerca internazionale che utilizza video, fotografie, modelli in scala, testi e riproduzioni per indagare la violenza operata dagli stati e dalle organizzazioni.
I film e le installazioni di Naeem Mohaiemen, invece, uniscono archivi, fotografie e interviste. L’artista esplora le idee di speranza e solitudine, concentrandosi sui Paesi liberati dai domini coloniali. “Two Meetings and a Funeral” è un documentario proiettato su tre schermi che osserva la lotta di potere tra tra il Non-Aligned Movement e l’Organizzazione of Islamic Cooperation negli anni Settanta. “Volume Eleven (flaw in the algorithm of cosmopolitanisim) è un leporello che narra un episodio nella storia nella vita del prozio di Mohaiemen e “Tripoli Cancelled” è il primo film di finzione dell’artista e segue la routine quotidiana di un uomo che trascorre un decennio vivendo da solo in un aeroporto abbandonato.
Charlotte Prodger presenta “BRIDGIT”, il suo maggior lavoro autobiografico fino ad oggi, girato con un iPhone nel corso di un anno, filmando la campagna scozzese e l’interno della propria abitazione. I suoni dell’ambiente sono sovrapposti a una narrazione letta dall’artista stessa e da suoi amici, che include brani dai suoi diari e libri scritti da personaggi della storia queer. L’insieme costituisce una struttura di conoscenze storiche, esperienze e solidarietà che hanno dato forma alla personale identità queer dell’artista stessa. 
Luke Willis Thompson lavora tra film, performance e installazione. I suoi film indagano la relazione tra una persona e la sua rappresentazione. Per il Turner Prize Thomposon presenta una trilogia di film in 35 mm: “Cemetery of Uniforms and Liveries, autoportrait and _Human”. In questi tre film l’artista rimette in scena storie di violenza messe in atto contro determinati corpi e offre un contro-immagini dello spettacolo che i media presentano nell’era digitale».
La mostra si attesta, come di consueto, tra le tappe imperdibili per chi sarà a Londra per tuffarsi in una delle settimane più eletrizzanti dell’arte contemporanea, quella capitanata da Frieze, al via il 4 ottobre. Intanto alla Tate Modern non perdono un attimo e sono già proiettati nel futuro, con l’annuncio dei membri della giuria dell’edizione 2019 (Alessio Antonelli, direttore di Gaswork &Triangle Network, Elvira Dyangani Ose, senior curator al Creative Time e Lacturer in Visual Cultures al Goldsmith, Victoria Pomery, direttrice del Turner Contemporary di Margate e Charlie Porter, scrittore) e della sede della mostra dei finalisti, che si terrà al prestigioso centro Turner Contemporary di Margate, nel Kent, come prevede la tradizione che ad anni alterni porta l’evento in un’istituzione fuori Londra. (Silvia Conta)

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