08 ottobre 2018

Yin, Yang e architettura classica. Monica Mazzone e Mattia Barbieri da MARS di Milano

 

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Quello che veramente stupisce della mostra di Monica Mazzone e Mattia Barbieri nello spazio indipendente Milanese MARS-Milan Artist Run Space, non è solo il lavoro in sé ma tutto ciò che non è stato direttamente esposto e che, comunque, si fonde profondamente con le opere. È il rapporto interpersonale costruito dai due artisti che, come in tutti i capolavori, migliora col tempo, li ha portati all’invenzione del progetto e alla discussione, mentre concepivano le loro idee stando in spiaggia. 
Entrambi gli artisti vivono tra Milano e New York e il 26 settembre hanno inaugurato la mostra “Versioni Standard” nell’artist run space meneghino. La base concettuale dell’operazione è fondata sull’analisi degli ordini architettonici classici, «Stabilendo un nuovo approccio ideale fra decorazione e sintesi costruttiva della colonna intesa come apparato». Non contaminando a vicenda le proprie visioni, i materiali usati e i modi di percezione, pur mantenendo  parallela la forma mentis, Mazzone e Barbieri hanno introdotto nello spazio due sculture e due dipinti, pur cercando di resistere alla pressione della superficie, evitando le tautologie e rimanendo visualmente concentrati sul classico ascetismo buddista. La linea tracciata invisibilmente e simbolicamente nella metà della galleria, separa l’autografia dei lavori, sia a Mazzone che a Barbieri appartengono, rispettivamente, una colonna e un quadro. Anche se un vero colpo di meraviglia proviene dalla condizione in cui gli artisti sono riusciti a mostrare due diversi, raffinati e archetipici messaggi in pochi metri quadrati, implementandoli nelle sculture e nei disegni personali e mantenendo un’ideale armonia dello spazio della galleria e tra loro stessi, il loro obiettivo formale era leggermente diverso. 
Si riferiscono a «Questa sorta di intelligenza lineare che unisce terra e cielo, si palesa in un matrimonio visivo che esplicita il binomio estetico, talvolta opposto, ma che trova una forte coesione di senso nella premessa ontologica». Cercando dunque un estremo e perfetto rapporto architetturale, suggerito da Henri Focillon, gli artisti sono per caso riusciti a mostrare anche l’altro, il loro rapporto artistico di uguale eccellenza di yin e yang. (Dobroslawa Nowak)

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