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Un ottimo spunto per riflettere sul concetto di identità proviene da un antico manoscritto miniato, risalente al 1349. Si tratta del Codice Maimonide, contenente una pregevole traduzione dall’arabo all’ebraico della Guida dei Perplessi, scritta dal filosofo, medico e giurista Mosè Maimonide (1138-1204), fra i più importanti pensatori nella storia dell’Ebraismo e personalità di spicco nell’Andalusia dominata dagli arabi. La Guida, che propone una risposta al problema dell’incompatibilità tra teologia, pensiero ebraico e aristotelismo, ebbe enorme fortuna nel corso dei secoli. Il prezioso volume, composto da 228 fogli in pergamena con legatura in pelle, arricchito da miniature in foglia d’oro e da grafismi in rosso e blu, venne acquistato dalla famiglia Norsa nel 1513 e dal 23 ottobre sarà al centro di “Il codice Maimonide e i Norsa. Una famiglia ebraica nella Mantova dei Gonzaga. Banche, libri, quadri”, mostra ideata e curata da Gino Famiglietti e Salvatore Settis, visitabile fino al 5 gennaio 2019 presso la monumentale Sala Alessandrina del complesso borrominiano della Sapienza, sede dell’Archivio di Stato di Roma. Durante il suo primo giorno di apertura al pubblico, il 23 ottobre, la mostra verrà arricchita da un convegno cui prenderanno parte esperti da tutto il mondo, fra i quali la studiosa newyorchese Evelyn Cohen e Johanna Weinberg dell’Università di Oxford.