25 ottobre 2018

En plein air e architettura nuda. Spazio Urano apre a Roma, con i paesaggi di Francesco Campese

 

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Nuovo spazio di lavoro ed espositivo al Pigneto, zona creativa nel quadrante sud est di Roma. Si chiama Spazio Urano, si trova al numero 12 di via Sampiero di Bastelica e si presenta al pubblico con un’esposizione dei dipinti del suo proprietario, Francesco Campese, visitabile fino al 27 ottobre e curata da Simona Pandolfi. Irpino di nascita ma romano d’adozione, Campese conserva un forte legame con la sua terra d’origine, che diventa fonte di ispirazione per un nucleo di paesaggi – declinazione più recente della sua produzione – nei quali lo sguardo del pittore si distende fino ad abbracciare lontananze montuose che si fanno aeree e nebulose. 
Realizzati nell’ultimo anno, i paesaggi raccontano i luoghi dove l’artista è cresciuto, tra Mirabella Eclano e Frigento, in provincia di Avellino. Dipinti en plein air da una terrazza o rievocati attraverso bozzetti, fotografie e rapidi appunti a matita, i paesaggi, di grandi dimensioni o accoppiati in piccoli dittici, cercano di catturare l’impressione di nebbie ed effetti atmosferici scorti all’orizzonte con studiate sovrapposizioni di velature a olio su una base magra, dosate in aggiunta e a togliere fino a ottenere l’effetto desiderato. 
Identiche suggestioni, che sono allo stesso tempo atmosferiche ed emozionali, caratterizzano anche la ricerca precedente di Campese che, dal 2015 al 2017, ha osservato e riprodotto con minuzia filologica celebri scene della pittura antica, svuotandole però dei personaggi. Queste personali interpretazioni di quadri di maestri come Leonardo, Perugino, Raffaello e Giotto ambiscono a raggiungere un’essenzialità dell’immagine, perseguita attraverso la sottrazione di ogni presenza umana e lasciando la parola all’architettura nella sua nudità, al fondale che diventa protagonista. E così, per esempio, della celebre annunciazione del Beato Angelico resta solo un pavimento a scacchi, orientato secondo una rigorosa prospettiva centrale, circondato da portici e mura oltre le quali fanno capolino le cime dei cipressi. 
Un’operazione postmoderna che si tinge di una malinconia quasi metafisica, di un corruccio presago di scure profezie per un presente incerto. Al quale guardare attraverso la lente distaccata della pittura. «Per me è un lavoro concettuale e di ricerca intrinseca nella pittura stessa, di esercizio della materia pittorica sulla superficie della tela», ha spiegato l’artista. 
Proprio la potenza ancestrale della pittura si fa evocare anche dal nome dello spazio, nel riferimento a Urano che guarda consapevolmente sia all’astronomia che alla mitologia, per una proposta variegata che porterà, accanto ai cavalletti e ai pennelli di Francesco Campese, workshop e laboratori, eventi e mostre di altri artisti, coadiuvati da curatori ospiti. (Francesco Paolo Del Re)

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