26 ottobre 2018

Ovidio, amori, miti e altre storie, fino a oggi. La mostra alle Scuderie del Quirinale

 

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Nel bimillenario dalla morte del grande poeta latino Publio Ovidio Nasone, la mostra ospitata alle Scuderie del Quirinale “Ovidio. Amori, miti e altre storie” vuole rendere omaggio a colui che seppe affascinare la raffinata società romana con i propri versi. Versi immortali, che cantano l’amore e il mito e che hanno largamente influenzato la cultura latina, perpetuando la loro eco nel Medioevo, nell’Umanesimo e nel Rinascimento. Attraverso più di duecento opere, tra sculture antiche, manoscritti medievali, affreschi e dipinti moderni provenienti da importanti musei nazionali e internazionali, si snoda un percorso espositivo tematico alla scoperta della vis poetica ovidiana. 
Si parte dall’eros e dalla seduzione per giungere al mito e al rapporto con il potere, la curatrice, Francesca Ghedini, ha studiato le opere di Ovidio con l’occhio dello storico dell’arte perché, come lei stessa afferma, «le immagini sono dentro le sue descrizioni, le sue parole». La complessità di questa esegesi si evince già dalla prima sala in cui sono accostate Maxima Proposito, opera dell’artista contemporaneo Joseph Kosuth, il più antico codice miniato delle Metamorfosi, risalente all’XI-XII secolo, e la prima versione a stampa delle opere ovidiane, risalente al 1471, a simboleggiare quanto la cultura occidentale gli sia debitrice. 
Seguendo il fil rouge degli Amores, vediamo come Ovidio dia la sua personale lettura degli dei della religione romana, in aperto contrasto con l’opera moralizzatrice promulgata nello stesso periodo dall’imperatore Augusto: non divinità austere, garanti dell’ordine cosmico ma uomini governati dagli stessi sentimenti e dalle stesse passioni dei mortali. Ecco che Venere, dea dell’amore, appare come una donna frivola e maliziosa, intenta a coprire e, al tempo stesso, mostrare la sua nudità, atteggiamento civettuolo che riscontriamo sia nella Venere Pudica del Botticelli che nella statua di Afrodite in prestito dagli Uffizi, ben lontano dall’austerità e dal matronale contegno della progenitrice della stirpe Giulia. L’immagine di Giove seduttore e amante focoso, preda della bellezza femminile, che emerge dai versi del poeta di Sulmona è stata fonte d’ispirazione per pittori del Rinascimento e del Barocco, come vediamo nel Ratto di Europa del Tintoretto, qui in mostra. 
Ampio spazio è dedicato, poi, alle Metamorfosi, il grande poema delle passioni e delle meraviglie, nel quale le oltre 250 storie mitologiche narrate costituiscono le radici dell’immaginario poetico e figurativo dell’Occidente. I protagonisti sono dei, ninfe, figli di re o semplici mortali ma tutti sono accomunati dalla molla del desiderio, le vicende sentimentali terminano tutte con una trasformazione in altro da sé, come eterna ricompensa o eterna dannazione. Ovidio ha avuto la capacità di consegnare ai posteri personaggi come Ermafrodito, Narciso e Fetonte, le cui storie, a partire dal XIV secolo, animarono la fantasia di artisti, incisori e ceramisti. 
Acuto osservatore della società romana, il suo erotismo libero e divertito, la vena giocosa e canzonatoria della sua penna, spesso irridente nei confronti degli dei, lo resero nemico dell’imperatore Augusto che lo esiliò sul Mar Nero, a Tomi, da dove non fece più ritorno. Publio Nasone Ovidio, grazie a questa mostra, riacquista un posto in primo piano tra i grandi poeti della latinità, gli Amores, le Metamorfosi, le Heroides e l’Ars Amatoria hanno conferito fama e immortalità al loro autore. La mostra sarà visitabile fino al 20 gennaio 2019. (Martina Ferrari)

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