06 novembre 2018

Un destino già disegnato. In ricordo di Bruno Caruso

 

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E così, dopo Piero Guccione è scomparso anche l’altro pittore siciliano dei due che avevano raccolto, per così dire, l’eredità di Guttuso. Bruno se ne è andato a 91 anni, una bella età, ma purtroppo gli ultimi tempi della sua vita sono stati segnati da fatti dolorosi: la morte, ad aprile, della moglie Lidia Olivetti, figlia del grande Adriano, e contemporaneamente un’azione giudiziaria che lo aveva spossessato del magnifico studio davanti al Colosseo e di tutto quanto lì contenuto. 
In quello studio mi è capitato di pranzare davanti a una finestra con una vista vertiginosa sul monumento più celebre di Roma, una cosa da film… Bruno Caruso, come gli artisti del Rinascimento, riceveva continuamente dei visitatori, continuando a disegnare e anche a dipingere: scrittori, galleristi, editori, colleghi o semplicemente amici, spesso provenienti dalla sua Sicilia. Dappertutto libri, cataloghi, marmi romani antichi, provenienti dalle lontane provincie dell’impero. 
In una stanza accanto quadri antichi, prevalentemente del ‘600, con un piccolo, rarissimo Monsù Desiderio; tutto ormai disperso, venduto, anzi svenduto, come mi dicono. Al piano di sopra una stanza a sorpresa dedicata alla morte: uno scheletro per accogliere i visitatori e poi teschi veri, teschi di marmo, d’argento, di legno, incisioni e pitture con scene macabre…se per Bruno era, come pareva evidente, una forma di scaramanzia, ha funzionato, vista l’età che ha raggiunto e dopo essersi sempre lamentato di stare male, molto male. 
Ma chi era Bruno Caruso? 
Aveva avuto un successo precoce, ho qui davanti una pubblicazione della galleria dell’Obelisco del 1954 (per i più piccini: questa galleria era prestigiosissima, potrei fare mille nomi, dico soltanto che vi ha esordito o quasi il giovane Rauschenberg). In questa pubblicazione l’allora ventisettenne Bruno presentava disegni di cataste di tavole o di gabbie e cancelli, con un segno grafico depurato e quasi astratto se non per la presenza qua e là di un ragazzo (caruso in dialetto); non si vedeva ancora traccia del futuro artista impegnato, per quanto trasparisse una certa simpatia per gli umili. A leggere i nomi dei collezionisti un giovane artista d’oggi impazzirebbe: tutti americani, senatori, divi di Hollywood, signore dell’alta società….con un tale esordio Bruno avrebbe potuto, grazie al suo inconfondibile segno grafico, fare una carriera internazional-mondana come il suo più o meno coetaneo Bernard Buffet, con il sostegno di una galleria adeguata: e questa galleria gli è capitata, la Galerie de France il cui direttore, Caputo, gli aveva proposto un contratto che però comportava il trasferimento a Parigi. Caruso rifiutò preferendo una carriera tutta italiana, anzi in gran parte siciliana. Se avesse accettato il contratto avremmo avuto un Bruno Caruso tutto diverso e diversa sarebbe stata anche la sua vita: sono i sentieri che si biforcano, sono le revolving doors, a pensarci sono vicende che suscitano qualche brivido. 
Ma forse non è così. Non c’era nessun bivio, il suo destino era segnato, la sua natura di siciliano ha prevalso e così abbiamo avuto il Caruso che si conosce, impegnato contro la mafia e contro le ingiustizie e successivamente raffinato pittore e disegnatore in una linea, direi, gotico-sicula con i suoi ritratti di letterati, le sue esplorazioni del mondo vegetale, le sue scene satiriche e grottesche. 
Col tempo si vedrà cosa merita di sopravvivere di questa immensa opera – soprattutto grafica, non lo dimentichiamo – prodotta in settant’anni di lavoro. Per ora ricordiamo un artista originale, colto e generoso, sperando che la sua anima abbia trovato finalmente riposo. (Sergio Ceccotti)

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