03 dicembre 2018

Diario di una Biennale al Cairo/1

 

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Per questa settimana abbiamo deciso di raccontarvi, con le parole della curatrice Elena Giulia Abbiatici, la sua Biennale OFF al Cairo. Abbiatici è infatti curatrice della sezione “Polyptoton / πολύπτωτον”, poeticamente una riflessione sul modo in cui il mondo e il sacro influiscano nella vita degli uomini, attraverso i lavori di Brodbeck & De Barbaut, Sara Enrico, Ryts Monet, Mariagrazia Pontorno, Marta Roberti, Serj e Emilio Vavarella, nella sede di Darb1718.
Le abbiamo chiesto di tenere un diario, in occasione di questa esperienza, che vi proporremo in questi giorni, accompagnato da una serie di immagini. 
27 ottobre
Ho il (vero) panico da controllo. Non da volo. 
Così comincio a misurare i bagagli una settimana prima, dieci volte al giorno e passo in rassegna tutti i casi possibili. 
Ho un tubo che eccede le dimensioni consentite. Se mi dicono “No, quel tubo non puoi portarlo”, mica posso rispondere “Guarda non è nemmeno mio, io mi sono appioppata il trasporto perché vai a capire il pacco in Egitto se arriva, non arriva, che già li conosco i tempi egiziani, il pacco arriva dopo 74 giorni che la mostra è bella che finita e mi tocca dire a Marta di prenderla con filosofia”. 
Immaginate che gliene frega all’agente della security se dopo avermi fatto notare che esistono i bagagli speciali per gente speciale, che non si porta a mano un tubo extra, se dopo avermelo fatto notare, io gli rispondo che sì lo so benissimo che esistono i bagagli speciali, ma io sono così speciale da non aver bisogno della stiva speciale perché il budget che mi hanno messo a disposizione è molto speciale, quanto il numero più speciale nel fantastico mondo della matematica, indovinate qual è. Esatto. Quello è il budget. 
Ma dove ero rimasta? A sì, il mio viaggio in Egitto.
La metà è Il Cairo, per la Off Biennale del Cairo, alla sua seconda edizione. Il goal culturale è altissimo – per ciò che significa una biennale d’arte per l’Egitto; il postulato sempre invariato: massimo risultato, minima spesa. 
Al banco del check in, tutto fila liscio e conquisto il posto al finestrino, che – quando non hai vicino l’ala – permette la vista del panorama aereo mutevole fra il conglomerato illuminato e brulicante di Roma, l’infinito del blu mare e il colore del deserto che ammanta la città del Cairo. 
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Il Cairo prospettiva aerea
Pronta ad accogliere me e Valentina, una Nefertiti dorata e iper kitsch,  attorniata da 4 palme di plastica, nella hall del Cairo International Airport. L’ingresso è spaesante e bombardato dalla ritualità del “Taxi?”, l’acquisto di una semplice sim locale ci prende circa due ore. Ritmo egiziano, bellezza. 
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Arrivo al Cairo in Aeroporto
Gas di scarico, irriducibili clacson a beat indomabili e musica araba che esce dai finestrini: arriviamo al Windsor Hotel.
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Il mio arrivo al Windsor
È con lo storico ascensore a manovella che il concierge ci accompagna alle nostre camere. Un rumore invadente supera la sottile barriera di un infisso antico, mi affaccio: è una ruspa che scava (fuori da ogni immaginario xenofobo) per quelli che poi capirò essere i lavori per la linea della metro. 
TONF, tuu, tuuu, tuuu, TONF, da comporre un paroliere dada. 
Non c’è verso, il silenzio è una dimensione sconosciuta al popolo egiziano e per questo, nemmeno aspirata. Non passa secondo che un clacson non suoni: suonano per nulla, per comune abitudine, per ricordarsi vicendevolmente che bisogna fare attenzione, per orrore del silenzio. 
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Vista diurna lavori per la metro
La sera, nella casa di Moataz, si aggiunge il vociare di una discussione di natura logistica. C’è chi si batte per avere il Darb, la sede centrale, perché lì c’è più pubblico (vero) e perché di fatto c’è molto più personale tecnico e quindi l’allestimento si semplifica assai (vero). La discussione si anima e centra il punto: la distribuzione degli spazi sottintende l’aver chiaro le intenzioni e il significato di questa Biennale. È una biennale per la città, nelle sue diverse pieghe e aree sociali e non c’è espressione migliore dell’arte come atto di resistenza di fronte a una dittatura militare. Si cita il caso di Townhouse Gallery, attualmente una galleria di arte contemporanea senza direttore, da quando il direttore – canadese – è stato bloccato in aeroporto e gli è stato impedito di rientrare in Egitto. L’arte non piace per la sua dissidenza, per la sua capacità di scompaginare l’ordine costituito e metterlo in discussione. Ma l’arte che non viene compresa – quella così sottile e intelligente – passa il vaglio della National Security locale, mantenendo tuttavia il problema dell’incomunicabilità a coloro che professionisti dell’arte non sono. Il grande gap di fruizione fra pubblici è uno STOP ubiquo e difficile da valicare, pena il fatto di abbassare il livello della ricerca e della speculazione artistica. 
Elena Giulia Abbiatici
Something Else – Off Biennale Cairo 
(Chief Curator: Simon Njami; Direzione artistica: Moataz Nasr) 
“Polyptoton / πολύπτωτον”, a cura di Elena Giulia Abbiatici 
Fino al 15 Dicembre 2018 
Sede: Darb1718, Cairo. Artisti: Brodbeck & De Barbaut, Sara Enrico, Ryts Monet, Mariagrazia Pontorno, Marta Roberti, Serj, Emilio Vavarella
Continua…

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