10 gennaio 2019

Dieci anni attraversando dieci sale. La Collezione Maramotti racconta le sue storie

 

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Attraversare lo spazio è un po’ come viaggiare nel tempo, soprattutto se ci si trova al secondo piano della Collezione Maramotti, dove dieci anni di progetti espositivi, idee, materiali e linguaggi, troveranno una nuova sintesi, in altrettante sale. Dal 3 marzo 2019, per il progetto Rehang, la collezione permanente sarà riallestita per raccontare dieci progetti espositivi presentati dal 2008, con le opere di Enoc Perez (2008), Gert & Uwe Tobias (2009), Jacob Kassay (2010), Alessandro Pessoli (2011), Thomas Scheibitz (2011), Jules de Balincourt (2012), Evgeny Antufiev (2013), Chantal Joffe (2014), Alessandra Ariatti (2014), Krištof Kintera (2017). 
Il paesaggio sarà quello di un work in progress scandito da ricerche eterogenee, incentrate sull’evoluzione di diversi media espressivi, dalla pittura all’installazione, per indagare su argomenti topici del contemporaneo, come l’analisi delle strutture del potere e lo studio del rapporto tra uomo e natura. Riflettendo sullo stato della Collezione Maramotti, interpretata come un organismo vivente, in evoluzione e permeabile al cambiamento, questo riallestimento è accompagnato da una mostra temporanea, al piano terra, con documenti, libri e opere dagli archivi e dalla biblioteca, luoghi vivi di conoscenza e approfondimento. 
Casa Malaparte di Enoc Perez è stato il primo progetto esposto nel 2008 nella Pattern Room della Collezione. Due grandi tele rimandano a un’interrogazione sul ruolo odierno della pittura, attraverso la rielaborazione di un’icona dell’architettura modernista italiana. La ricerca di Perez sulle architetture dagli anni Venti agli anni Cinquanta indaga la trasfigurazione di questi edifici nell’immaginario collettivo: metafore di potere, bellezza e ottimismo verso il futuro, venate di nostalgia e disillusione per il sogno svanito. La sala/ambiente che accoglie il progetto di Gert & Uwe Tobias presenta xilografie di grandi dimensioni, disegni e sculture. In queste opere si fondono elementi iconici tratti dalla cultura popolare della loro terra d’origine, la Transilvania, immagini del folklore europeo e un linguaggio formale contemporaneo che trova i suoi antecedenti artistici nel primo Modernismo, in Klee, nel Costruttivismo, nell’Art Brut. Nel 2010, il giovane artista Jacob Kassay ha realizzato una serie di tele argentee e riflettenti che accolgono presenze fantasmatiche della pittura sottostante e, nel contempo, assorbono e restituiscono lo spazio esterno all’opera. Gli elementi concettuali del monocromatismo, dell’oggettivizzazione del pigmento pittorico, della riflessione di colore, movimento e forma, assumono centralità nella sua ricerca e vengono codificati in un’originale metafisica della superficie pittorica, in una nuova forma di astrazione, fortemente lirica, con un riferimento alla fotografia. 
La grande installazione Systemus Postnaturalis è parte del più ampio progetto Postnaturalia, che Krištof Kintera ha creato per la Collezione nel 2017. Una riflessione giocosa e amara sul rapporto tra natura, scienza e tecnologia, nel quadro della complessa interrogazione sociale e politica. In sala, un tappeto sintetico di piante che cresce tra un’intricata rete radicolare di rame, isole raccordate tra loro da percorsi esperibili dal visitatore. La luce della stanza, artificiale e artificialmente pilotata, ne favorisce la crescita. Per la mostra “Parallel Universe”, Jules de Balincourt ha dipinto contemporaneamente alcune tavole, entrate quidni in dialogo e risultato di uno stesso processo creativo. Queste opere possono essere lette come una mappa composta da parti liberamente intrecciate, per esplorare e registrare le relazioni che intercorrono tra rappresentazione, astrazione e gesto pittorico. Le tre grandi tele del 2011 di Alessandro Pessoli si richiamano evocativamente e assumono come matrice il complesso soggetto della Crocifissione. La sala di Evgeny Antufiev è un estratto di Twelve, wood, dolphin, knife, bowl, mask, crystal, bones and marble – fusion. Exploring materials, ampio e articolato percorso espositivo, in cui materiali e oggetti, stoffa, cristalli, meteoriti, ossa, insetti, marmo, legno, abbandonano la loro identità per rientrare in una dimensione archetipica, con un processo che richiama le operazioni alchemiche e la pratica sciamanica. Il fiume e le sue fonti, progetto concepito da Thomas Scheibitz nel 2011, include tre grandi tele astratte che evocano la scena e gli elementi plastici del teatro suprematista e del Bauhaus, e una scultura che appare come la versione monumentale di un geroglifico estrapolato da un linguaggio sconosciuto. 
Nel 2014, la Collezione ha presentato Ritratto di donne, che racchiudeva i progetti Moll di Chantal Joffe e Legami di Alessandra Ariatti, artiste che hanno concentrato la loro ricerca artistica sul ritratto, una tradizione figurale che ha percorso ininterrottamente l’arte dal Quattrocento a oggi. Joffe rappresenta quasi ossessivamente una sola figura a tutto campo con pennellate estremamente sciolte, che fondono i dettagli del viso, dei vestiti e dell’ambiente in un unico flusso pittorico. Ariatti dipinge gruppi di figure con precisione iper-fotografica, funzionale alla possibilità di sondarne la profondità psicologica e l’intensità di interrelazione umana.
Intanto, per un primo passo in questo viaggio nel tempo, potete iniziare a scorrere questa bella timeline, comprensiva anche degli altri progetti. 
In home: Chantal Joffe Moll with the Cat, 2014 © the artist Ph. Dario Lasagni
In alto: Enoc Perez, Casa Malaparte (Day), 2008 © the artist Ph. Carlo Vannini

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