01 febbraio 2019

Tutto Bologna/6. Arte Fiera, anno zero. Il nostro itinerario tra i migliori stand

 

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A Bologna, la neve non è durata molto, diluita da una pioggia leggera ma insistente. Pochi sprazzi di bianco, che celebrano le temperature rigide, appena si notano dalle vetrate dei Padiglioni di Arte Fiera, decisamente caldi ma non per l’afflusso di persone, piuttosto tiepido, almeno fino a oggi. D’altra parte, senza assembramenti, l’atmosfera è rilassata, anche se è tangibile l’attesa per questa sorta di anno zero, con Simone Menegoi, nuovo direttore artistico, che gioca la carta del rinnovamento, tentando di asciugare il contesto. Non più di tre artisti per gli stand piccoli e medi, massimo sei per quelli più grandi. 
Una scelta che rende necessaria una certa impostazione critica e, a quanto abbiamo avuto modo di sentire, è stata particolarmente gradita dai galleristi che, da parte loro, hanno preferito il display della monografica: sono circa 50 gli espositori, tra moderno e contemporaneo, che hanno presentato dei solo show. E bisogna dire che anche l’occhio del fruitore ne trae un indubbio e immediatamente percepibile giovamento. 
Si parte con Umberto di Marino, che presenta uno stand dalle linee pulite e decise, che ben sintetizzano la sua linea espositiva. La triade è composta da Vedovamazzei, Eugenio Tibaldi e Jota Castro e con le loro opere dure, certamente non semplici, la critica al modernismo e alle sue icone è servita. Suggestive anche le composizioni materiche presentate da Studio Trisorio, con i marmi e i bronzi di Francesco Arena, gli assemblaggi meccanici di Rebecca Horn, i box evanescenti di Alfredo Maiorino e le sovrapposizioni di carte di un grande pezzo (186x146cm) di Umberto Manzo che campeggia al centro delllo stand. Ancora sul dialogo tra materiali e superfici ha giocato Vistamare, che accoglie con un classico tempio di Nettuno di Mimmo Jodice e all’interno instaura un bel dialogo tra una serie di cretti del 1971 di Alberto Burri e i Dittici Azzurri di Ettore Spalletti. 
Tiziana Di Caro presenta un solo dedicato a Sissi, con un ampio catalogo che va dai suoi seducenti e inquietanti disegni, come Fioritura Linguale, all’installazione distesa del Naufrago, realizzata con legni levigati dal mare. Anche Federica Schiavo Gallery punta su un solo nome: Patrick Tuttofuoco. Dell’artista milanese sono le colorate bolle di plastica della serie Brazil, che furono esposte anche alla 50ma Biennale di Venezia e che probabilmente saranno tra i soggetti più fotografati della fiera. Bea Bonafini, classe 1990, è la scelta di Renata Fabbri, che presenta i suoi espressivi tappeti intarsiati, con figure in bilico tra grottesco e leggerezza. Emblematicamente in tensione tra le sensazioni di morbidezza e asprezza, anche le opere di Silvia Giambrone, incentrate sui conflitti della società patriarcale e presentate da Marcolini, in collaborazione con Studio Stefania Miscetti. E a proposito di vigore visivo, non hanno certo bisogno di troppe intermediazioni le due grandi serigrafie di lampadari di cristallo, con inserti e splash di vernici e spray strabordandi dallo spesso supporto, presentati da Michela Rizzo. 
Galleria continua riesce a portare giusto al limite gli spazi a disposizione, con un sestetto composto da Giovanni Ozzola, Ornaghi e Prestinari – affascinanti i loro oggetti, tanto scultorei quanto metafisici – Loris Cecchini, Arcangelo Sassolino, Leandro Erlich e Hiroshi Sugimoto. Ambigue e destabilizzanti sono le pareti dello stand di Dep Art, che presenta una nutrita selezione di opere di Wolfram Ullrich, i cui elementi diagonali, dai colori netti, approfondiscono la Op Art. 
Nella sezione dedicata alla fotografia, da segnalare la scelta di Peola, che porta le composizioni frammentarie di Simone Mussat Sartor e un bel confronto tra i colori porosi delle stampe su cotone di Gioberto Noro e i nitidi bianchi e neri di Paola De Pietri. Colorate sono anche le pareti dello stand di Doppelgaenger, che fanno da sfondo alle pitture rupestri inquadrate dalle foto del barese Domingo Milella. Da vedere anche le vorticanti forme cromatiche di Beatrice Pediconi e gli ironici/iconici box di Mariella Bettineschi, in cui i ritratti della grande storia dell’arte vengono sdoppiati, tagliati, rimanipolati. 
E poi, è vero che li vediamo sempre ma, in fondo, come fare a resistere agli specchi di Michelangelo Pistoletto, alle superfici di Capogrossi, a Piero Dorazio e Agostino Bonalumi, i campioni di Mazzoleni? Discorso simile anche per Gio Pomodoro, Enzo Cacciola e Umberto Mariani, di Progetto Arte Elm. Se non si era capito, siamo nella sezione del moderno e qui ritroviamo con piacere anche gli oli su linoleum di Aldo Mondino e le tecniche miste di Mimmo Paladino, presentati da Poleschi.

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