13 febbraio 2019

La DesertX Biennial, tra le dune di Coachella

 

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Cosa fare, se ti trovi in deserto? Una Biennale d’arte, ovvio. Si è appena aperta la seconda edizione della Desert X Biennial, manifestazione dedicata all’arte contemporanea che si terrà fino al 21 aprile nella Coachella Valley, ampia area della California, a nord del lago Salton, già universalmente famosa per il Coachella Valley Music and Arts Festival. 18 gli artisti invitati dal direttore artistico Neville Wakefield e dai co-curatori Amanda Hunt e Matthew Schum, che hanno realizzato le loro opere site-specific, diffondendole su un territorio sparso tra nove città, per circa 90 chilometri. «Questa edizione è stata ampliata in molti modi», ha dichiarato il direttore alla conferenza stampa di apertura, citando la forte crescita della manifestazione e la sua vastità, che estende la sua portata anche oltre confine, fino ad arrivare in Messico. 
Tra le opere più attese, la proiezione luminosa di Jenny Holzer, Before I Became Afraid, che ha suscitato alcune preoccupazioni per il suo impatto sulla locale popolazione di pecore bighorn. Per il momento, il suo lavoro è stato rimandato ma siamo sicuri che l’artista e attivista prenderà tutte le precauzioni del caso. Pia Camil ha invece presentato una serie di archi di cemento armato, Mary Kelly ha trasformato alcune fermate degli autobus in rifugi antiatomici ispirati alla Guerra Fredda, mentre Sterling Ruby ha posizionato un inquietante rettangolo di neon arancioni tra le dune del deserto. Chris Taylor e Steve Badgett hanno realizzato una piattaforma galleggiante dotata di sonar, per analizzare il fondo del lago Salton, il più grande della California. Oltre agli argomenti più politici, come il problema del riscaldamento globale, i cui effetti hanno intaccato anche il grande Salton Lake, gran parte delle opere alludono ad aspetti della vita nel deserto che potrebbero non essere immediatamente evidenti, come il ricco patrimonio delle comunità indigene della regione. 
E c’è anche una buona notizia: un drone che, nel corso della scorsa edizione, nel 2017, si perse nel deserto, è stato ritrovato solo alcuni mesi fa e farà bella mostra di sè. Ma questa volta Shybot, di Norma Jeaneè, stato dotato di un rilevatore di posizione che trasmetterà il suo segnale nel corso dei due mesi della Biennale. 
Fonte: Artnet 
In alto: Cara Romero, Jackrabbit, Cottontail & the Spirit of the Desert (2019). Photo by Lance Gerber.

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