20 febbraio 2019

Ancora contro la BP al British Museum

 

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Se negli Stati Uniti Nan Goldin combatte contro gli oppiodi di Sackler e il suo “aiuto” ai musei, in Gran Bretagna il demone è ancora la British Petroleum.
Il British Museum, in attesa di sapere che ne sarà della sua controversa collaborazione con il gigante del greggio (confermata fino al 2022), è stato teatro di un’ultima grande protesta.
Circa 350 attivisti associati al gruppo “BP or Not To BP?” si sono riuniti all’interno del museo con una fiumana di bandiere nere, per denunciare il presunto sfruttamento dei giacimenti petroliferi dell’Iraq, e la contingente guerra nel Paese del Medio Oriente.
La BP, infatti, ora sponsorizza la mostra “I am Ashurbanipal: king of the world, king of Assyria”, che si concentra sull’arte antica dell’area, proprio al British.
“È offensivo a più livelli vedere una compagnia complice dell’invasione irachena sponsorizzare un’esibizione del patrimonio dell’Iraq”, ha detto un portavoce di “BP or Not To BP?”.
La protesta va ad aumentare così la pressione verso direttori e fiduciari dei musei nel rifiutare i finanziamenti “contaminati” di società variamente insanguinate. 
Il museo, dal canto suo, si è difeso dalle affermazioni dei manifestanti secondo cui molte delle opere della sua collezione esposte in “I am Ashurbanipal” sono state saccheggiate nel XIX secolo. Un portavoce del museo ha sottolineato che sono stati raccolti “nel pieno consenso del governo ottomano, che ha aveva dato il permesso alle esportazioni”.
“Un’istituzione che continua ancora “promuovere” la BP [nel 2022] è sfasata rispetto alla società”, hanno urlato invece gli attivisti.
Fonte: Artnet

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