22 febbraio 2019

Io sono natura. Mangrané a Lione

 

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L’Institut d’art contemporain di Villeurbanne a Lione presenta “Ne voulais prendre ni forme, ni chair, ni matière”, una mostra immersiva di Daniel Steegmann Mangrané (Barcelona 1977, vive e lavora a Rio de Janeiro). Artista multimediale che passa dal disegno alla scultura, al film, nei suoi lavori investiga la relazione tra ambiente e uomo impegnando fisicamente lo spettatore a muoversi nelle sue installazioni. 
Lo abbiamo incontrato nella passata Biennale di Lione dove ha presentato A Transparent Leaf Instead Of The Mouth, un imponente vivaio trasparente in cui vivevano fasmidi fogliari. E lo ritroveremo a settembre presso Pirelli HangarBicocca, in una mostra curata da Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli. Cosa ci presenta l’evento lionese? 
L’artista, che in questa installazione in situ s’interroga sul rapporto tra natura e cultura, rivoluziona completamente lo spazio dell’istituto riorganizzandolo secondo volumi geometrici. Un gesto audace che restituisce uno spazio attraversato da pareti bianche che incrociandosi restituiscono angoli acuti, e via dicendo, e fessure che lasciano trapassare fasci di luce. Il percorso è l’opera. Lo spettatore si immerge cosí in un ambiente calato nella penombra, ravvivato da una luce naturale filtrata da un telo bianco che copre, tra l’altro, cinque esigue finestre create sul posto. Le pareti spoglie e severe invitano al raccoglimento in cui corpo e mente si fondono. 
«Non esiste la divisione rigida tra natura e cultura, come non c’è tra mente e corpo, questa è un paradigma della società moderna», dichiara l’artista al vernissage. 
L’opera che rimanda al movimento artistico Light and Space, è un clin d’oeil all’astrazione geometrica in America Latina d’ispirazione precolombiana, tema che potete approfondire nella mostra “Géométries Sud, du Mexique à la Terre de Feu” presso la Fondation Cartier fino al 24 febbraio. 
Una geometria che ritroviamo nel film Phasmides (pellicola 16mm trasferita su video HD, colore, muto 22’41”), realizzato da Daniel Steegmann Mangrané nel suo atelier nel 2012, qui presente. Nel corso del film appaiono forme geometriche, viventi e inorganiche, che restituiscono diversi scenari creati da rami, fogli di carta bianca, e da una famiglia di insetti stecco. L’artista fa qui riferimento al saggio Mimetismo e Psicastenia leggendaria del sociologo e scrittore francese Roger Caillois, che sottolinea come gli animali si fondono con ciò che li circonda non per proteggersi, ma per dissolversi nel mondo. Il titolo del film Fasmidi, nome che deriva dal greco phásma cioè fantasma, suggerisce dicotomie come presenza/assenza, vedi l’insetto stecco che fondendosi nell’ambiente circostante mette in discussione inoltre la nostra percezione retinica, ma anche ombra/luce i due materiali usati qui dall’artista, o giorno/notte come gli orari della mostra che cambiano per seguire l’ora solare. Non solo! Realtà/utopia introducendoci alla poesia di Stela do Patrocínio (Rio de Janeiro 1941-1997), che ha ispirato il titolo alla mostra. La poetessa brasiliana aveva elaborato una forma di poesia orale, che registrata su cassetta, era stata poi trascritta e pubblicata nel 2001 nel libro Regno degli insetti e degli animali è il mio nome, tradotto in francese in occasione dell’esposizione, che chiude il 28 aprile. 
Livia de Leoni

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