11 marzo 2019

Antonia Di Giulio e Ralph Gibson. In laguna, il dialogo sensuale tra fotografia e pittura

 

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Era il luglio 1991 quando, in un afoso pomeriggio romano, Mario Schifano immortalava l’amica e collega Antonia Di Giulio, avvolta in trini e merletti di un prezioso costume di scena, come una dama del Settecento veneziano. L’idea che aleggiava nell’aria era di trarne delle foto grandi per accompagnare dei dipinti piccoli o forse delle foto piccole da affiancare a delle pitture grandi. Un sogno piacevolmente «sognato a due teste». Echi e suggestioni di quell’occasione, inevitabilmente salgono alla mente del visitatore che giunge all’Isola di San Servolo, nel mezzo della laguna di Venezia, per visitare la mostra 1988-2018. 
Visibile fino al 16 marzo prossimo nel complesso monastico benedettino, oggi sede della Venice International University, la bi-personale vede quattordici fotografie di Ralph Gibson in dialogo serrato con altrettanti acrilici su tavola di Antonia Di Giulio, la “duchessa di Valmont della pittura italiana” come l’ha definita Achille Bonito Oliva, qui curatore dell’esposizione. 
Negli scatti di Gibson, dei ritratti realizzati nel 1988 durante una sessione newyorkese, la fisica sensualità di Antonia di Giulio elude qualsivoglia possibilità sublimante del mezzo: dal taglio, alle inquadrature e al grafismo del bianco e nero contrastato. I ritratti ironici, garbatamente erotici e surreali al contempo – ammiccano forse a scatti di Dora Maar o Man Ray, di Boiffard o Bellmer – si impongono con il loro portato di realtà e vitalità. Entrano così in chiara dialettica con i monocromi recenti dell’artista romana, da cui promana una carica di astrazione formalista misurata, un’asciuttezza a tratti severa, trascendente o trascendentale, ormai scevra degli orpelli e dei barocchismi degli esordi nei rutilanti anni Novanta: quello che Achille Bonito Oliva definisce l’«espressionismo segnico» della Di Giulio. Una mostra dialogica e dialogata. Dialoghi a distanza tra diversi momenti di vita, dialoghi che hanno preso o dato forma ai ritratti nel loro farsi, dialoghi tra differenti media. 
Antonia Di Giulio prende spunto dalle fotografie che la vedono protagonista (e co-autrice, per dirla con Gibson) e che fungono da pretesto per il suo stesso gesto pittorico. Lavora sulle stesse nuance del materiale pellicolare di Ralph Gibson, ma decantando o astraendo forme e linee – quelle del suo stesso corpo immortalato – senza mai sfiorare la mimesi. Va così in scena l’inconciliabilità ormai storica e storicizzata tra visione interiore e visione esteriore, rappresentazione e riproduzione, fantasmatico e reale. 
In questo canone a due voci, in questo contrappunto di pittura e fotografia, l’occasione è data anche al pubblico italiano di conoscere meglio il lavoro di Ralph Gibson, classe 1939, già assistente di Dorothea Lange e Robert Frank e membro dell’agenzia Magnum, oggi una delle personalità più decise ed apprezzate del panorama fotografico statunitense. (Giada Centazzo)

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