12 marzo 2019

L’arte dove non te lo aspetti. Da Yoyoi Kusama a Walter De Maria, opere ai confini del mondo

 

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Sono davvero molte le opere di arte pubblica che è possibile ammirare nelle grandi città ma l’arte non si esaurisce nelle metropoli e, nascoste nei luoghi più inconsueti del nostro pianeta, alcune istallazioni sembrano sbucare dal niente, per donarsi agli occhi dei viaggiatori più curiosi e intrepidi. 
Fra queste, in Italia, si trova Rabbit, un coniglio rosa decorato a maglia, che si estende per 70 metri nelle Alpi piemontesi, a nord di Artesina. L’opera del collettivo Gelatin è stata istallata nel 2005 e verrà rimossa nel 2025, anno in cui se ne prevede la completa decomposizione. A oggi, il coniglio ha ormai perso la colorazione rosa ed è ridotto a un mucchio di stracci. Il collettivo austriaco si proponeva di concretizzare il concetto di serendipità, mostrando qualcosa di insolito proprio dove non ce lo si aspetta: «Le cose che si trovano vagando in un paesaggio: cose familiari e completamente sconosciute, come un fiore che non si è mai visto prima o, come scoprì Colombo, un inspiegabile continente; e poi, dietro una collina, come lavorato a maglia da nonne giganti, giace questo enorme coniglio, per farti sentire piccolo come una margherita». 
Davvero quasi ai confini del mondo, nei pressi di Vardø, all’estremo nord della Norvegia, si trova l’ultima opera dell’artista franco-americana Louise Bourgeoise, The Steilneset Memorial, dedicato alle vittime dei processi per stregoneria, di cui la cittadina fu protagonista nel XVII secolo. L’opera di Bourgeoise, The Damned, The Possessed and The Beloved, si trova in una zona dell’edificio progettato dall’architetto Peter Zumthor e mostra una fiamma che brucia eternamente su una sedia, affacciata sull’oceano. 
Fra i luoghi marginali privilegiati dagli artisti si trovano i deserti. Del 2018 è Toto Forever di Max Seidentopf, che ha dato voce al deserto del Namib con sei altoparlanti e un mp3 a energia solare, che ripete in loop il brano del 1982 del gruppo statunitense, Africa. Nell’alto deserto del New Mexico, invece, a opera di Walter De Maria si trova The Lightning Field (1977), composta di quattrocento pali d’acciaio di altezza compresa fra i 3 e gli 8 metri, livellati nel terreno. Per raggiungere il sito è possibile fare riferimento alla Dia Art Foundation, che fornisce trasporti partendo da Quemado, nella contea di Catron. Nel deserto californiano meridionale, vicino a Slab City – che poco dista da Bombay Beach, dove si può incontrare anche una florida comunità artistica – è possibile ammirare Salvation Mountain di Leonard Knight (1984-2011), che con stile visionario e colori primari predica amore e fede in Gesù. Il progetto iniziale, costruito con materiali poco stabili, crollò presto: Knight ricominciò tutto da capo e realizzò l’opera in scala più grande, convinto che quella fosse la volontà di Dio. 
Non nel deserto ma decisamente in mezzo al niente, è l’outlet Prada Marfa. Costruito nel 2005 da Elmgreen & Dragset lungo la US Rute 90, a nord-ovest di Valentine (Texas), l’outlet è fatto di mattoni adobe, elementi tipici dell’architettura texana. Miuccia Prada si è occupata personalmente di allestire la vetrina del negozio, utilizzando le scarpe e le borse della sua collezione autunno/inverno di quell’anno. Questi oggetti, però, non sono in vendita, visto che il negozio non è mai davvero aperto. 
Un tempo tranquilla isoletta di pescatori, a partire dagli anni Ottanta, a Naoshima, in Giappone, è possibile osservare molte istallazioni di arte contemporanea, di cui la più celebre è la Yellow Pumpkin di Yoyoi Kusama (1994) – una seconda zucca, ma rossa, si trova nei pressi del porto dei traghetti. Altra isola dedicata all’arte è quella di Porquerolles, in Provenza, sede della Fondazione Carmignac, di cui fa parte l’opera Path of Emotions (2018), dell’artista danese Jeppe Hein. Si tratta di un’opera labirintica, in cui la figura umana si perde e si rincontra attraverso un gioco di specchi che permette ai visitatori di guardare il paesaggio da vari punti di vista. Ancora in Francia, a quindici minuti a piedi da Ronchamp si trova la chiesa di Notre Dame du Haut, commissionata nel 1954 all’architetto Le Corbusier da padre Couturier, con l’idea di farvi giungere i fedeli come attraverso un lungo pellegrinaggio. La Chiesa è particolare per via dei colori sgargianti – una delle cappelle è dipinta in rosso, la sagrestia in viola – e perché la parete esterna che volge al bosco vicino ha la forma di un altare.
Non isolate, né in luoghi sperduti ma in un sobborgo di Città del Messico si trovano, infine, le cinque torri monumentali nate dalla collaborazione fra l’architetto Louis Barragan, lo scultore Mathias Goeritz e la pittrice Reyes Ferreira (Torres de Satélite, 1958): valgono le ore di traffico affrontate per raggiungerle. (Lucrezia Cirri)

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