20 marzo 2019

Per questo fisico, la storia dell’arte si racconta con l’algoritmo dell’entropia

 

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Per i più romantici, il lavoro del fisico Haroldo Ribeiro potrebbe sembrare prosaico. Ribeiro ha sviluppato un programma informatico che decostruisce le opere d’arte per trasformarle in una serie di numeri. Perché? Per trovare la precisa costante nell’evoluzione degli stili pittorici. 
Lo scienziato ha sottoposto circa 140mila dipinti digitalizzati, indicizzati sull’enciclopedia di arte visuale di Wikiart, al suo metodo, che prevede la valutazione della complessità e dell’entropia presenti nell’opera, basandosi sulla variabilità dei pattern all’interno di ciascuna immagine. Il nuovo algoritmo riesce ad analizzare e classificare con precisione ogni pixel: più il dipinto è uniforme e regolare, minore è la misura di entropia. E così, Ribeiro e i suoi colleghi hanno osservato che le variazioni nelle misure della complessità e dell’entropia rispecchiano i cambiamenti stilistici nella storia dell’arte. 
L’arte moderna, con bordi sfumati e pennellate sciolte, in genere possiede una bassa complessità e un’alta entropia. L’arte contemporanea esprime invece uno stile più semplice, con oggetti riconoscibili e bordi netti e ben definiti e presenta una elevata complessità e una bassa entropia. La variazione più significativa, secondo l’algoritmo, è avvenuta alla fine degli anni ’60. 
Secondo i ricercatori, questo metodo potrebbe essere utilizzato per capire meglio l’evoluzione dell’arte, per acquisire informazioni su vari periodi artistici e determinare come questi interagiscano. Usando questi schemi, il programma potrebbe essere usato anche per classificare le opere d’arte meno conosciute in stili e periodi specifici.

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