27 marzo 2019

Il Padiglione Italia seguirà una terza via. Ecco il progetto per la Biennale di Venezia

 

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In occasione della conferenza stampa di presentazione del Padiglione Italia, un Alberto Bonisoli in ottima forma ci ha indicato direzioni ottimistiche sul contemporaneo. «L’arte è ancora in azione, lo stabilimento sta ancora producendo», ha dichiarato il Ministro dei Beni Culturali, che ha ringraziato tutti per il progetto interessante con cui l’Italia si avvicina alla prossima Biennale di Venezia, in apertura l’11 maggio. Una dedica particolarmente affettuosa il Ministro l’ha rivolta a Paolo Baratta, presidente della Biennale, al quale ha espresso gratitudine per l’immenso e intenso lavoro fatto in questi anni. Bonisoli ha ringraziato anche Milovan Farronato, il curatore del Padiglione italiano – che ci ha spiegato nel dettaglio tutti i retroscena del suo progetto in questa lunga intervista – per avergli indicato nuove modalità di comprensione del termine Labirinto, una parola che costituisce il sottotitolo della sua mostra, “Né altra né questa: la sfida al labirinto”, con Enrico David, Chiara Fumai e Liliana Moro invitati. 
Farronato, intervenuto alla conferenza presso la sede del Mibac, insieme anche a Federica Galloni, direttrice della Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie Urbane, è apparso un po’ emozionato, d’altronde è un incarico non da poco e l’attesa per questa mostra è palpabile. Il curatore ha spiegato subito le tematiche del progetto e gli scrittori di riferimento da cui partire ma, d’altronde, se si parla di labirinto, Italo Calvino e Jorge Luis Borges sono d’obbligo. Il tema, va detto, è già abbastanza studiato e approfondito ma la speranza di una lettura nuova e diversa c’è tutta. Farronato ha fatto comprendere che il tema non sarà solo filologico ma anche allestitivo e che in questa mostra lo spettatore la farà da padrone. Sarà infatti la scelta del fruitore a decidere la strada da intraprendere, da dove iniziare il percorso, dove soffermarsi e se tornare indietro, in una serie di display all’interno dei quali far coesistere varie mostre. Molteplici modi di approcciarsi al padiglione, dunque. Farronato ha continuato il suo racconto evidenziando l’ossimoro del labirinto, che è razionale ma anche disorientante, un luogo da cui si entra e si esce. 
Tre artisti, dicevamo, con tre modalità di approccio alla mostra molto evidenti. Intanto Fumai, di cui Farronato ha deciso di presentare un lavoro postumo e inedito, una nuova produzione che era già in cantiere e di cui il curatore e l’artista, che ricordiamo è scomparsa nell’agosto del 2017, discutevano già da tempo. Moro invece realizzerà alcuni site specific e in mostra saranno anche portati lavori che, da sempre, sono nel suo studio, dunque mai visti. Diverso invece l’approccio di David, che si concentrerà quasi esclusivamente su nuove produzioni. Attraverso questo dedalo di opere si svilupperà questo padiglione, che porta un titolo ambiguo e particolare. Né altra né questa, che altro non è, secondo Farronato, la direzione per una possibile terza opzione, una possibilità di scelta, una nuova occasione per vedere diversamente. 
Come ogni anno, infine, il Ministero ha stanziato 600mila euro per il Padiglione, ai quali dovranno aggiungersi sponsorizzazioni private per altri 700mila euro, consentendo finalmente la realizzazione di opere importanti e di ampio respiro. Fondamentali e giustamente ringraziati dal curatore gli sponsor, tra cui Fiorucci, partner di Farronato oramai da anni, ma anche Gucci e FPT industrial. 
Ultima considerazione per il catalogo, che si avvale di penne di grande interesse come, tra gli altri, Emanuele Trevi, che realizzerà per l’occasione un saggio narrativo in cui sarà ripercorsa tutta la storia del labirinto, dagli antecedenti letterari ai giorni nostri. Altro interessante contributo, quello di Christodoulos Panayioutou, artista cipriota che scriverà una lettera omaggio a Venezia, città-labirinto per antonomasia. (Sabrina Vedovotto)

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