11 aprile 2019

A Palazzo Angelini di Buonalbergo, l’arte contemporanea è all’insegna della lentezza

 

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Dall’11 aprile, il centro fortorino di Buonalbergo, in provincia di Benevento, ospiterà il premio Slow is Good, con una serie di eventi ed una collettiva che avrà luogo presso Palazzo Angelini, struttura settecentesca oggi sede di mostre ed eventi culturali che, dall’inzio dello scorso anno, ha visto un susseguirsi di eventi e performance artistiche di rilievo. L’arte come strumento di divulgazione sarà raccontata dal punto di vista di cinque giovani artisti, che si confronteranno con il direttore artistico, Michele Spina
Le stanze di Palazzo Angelini descriveranno il loro legame con la terra d’origine, intesa come luogo di memoria e crescita personale, tra tradizione e contemporaneità. Antonio Pallotta, Emanuele Resce, Maria Luigia Gioffrè, Vincenzo D’Argenio e Roberta Feoli, sono stati invitati dal direttore artistico che ha voluto raccontare l’arte con chi, pur vivendo lontano, conserva un legame con le proprie radici. In occasione del finissage del 3 maggio, verrà premiato l’artista che durante la permanenza della mostra avrà ricevuto più consensi da parte dei visitatori secondo un meccanismo di votazione indicato durante i primi giorni della manifestazione. Ci dice di più Michele Spina.
Dopo esser sempre stato artista questa è la tua prima esperienza dell’altra parte, più strettamente organizzativa, anche se comunque hai deciso di essere presente su entrambi i fronti, come sta andando? 
«Non avrei mai pensato di trovarmi nel ruolo “scomodo” di direttore, nasco come artista e tutto ciò che è il mondo della curatela non mi appartiene. Vivo di colori e certezze effimere e sono sempre stato molto discreto e riservato. Non amo le pressioni e non amo essere al centro dell’attenzione. Amo invece parlare e comunicare con quello che so fare meglio, esprimendomi attraverso qualcosa di più profondo e personale. Ma poi ci si ritrova nel paese dove sei nato e cresciuto e dal quale sei dovuto scappare per trasformare quell’idea di sogno in qualcosa di più concreto. Un gruppo di amici e la voglia di fare e dare un senso a ciò che é rimasto. Bisogna sempre andarsene per poi tornare ed apprezzare e Buonalbergo è la mia casa. “Prendila come un’esperienza” mi sono detto, ed ho accettato! Poter dare un contributo all’organizzazione di un evento prescinde da qualsiasi ruolo si abbia. Ridare lustro al proprio territorio, portando visioni differenti o almeno provarci rimboccandosi le maniche, cooperando e scardinando quei luoghi comuni sui piccoli borghi dove tutto è fermo. Ho pensato ci fosse bisogno di una luce nuova e che il mio paese potesse ancora essere un luogo ideale per una nuova rinascita culturale. Forse sbaglierò qualcosa, forse inciamperò, forse creerò malcontento ma soltanto chi non si mette alla prova, non sbaglia!» 
“Slow Is Good” è una dichiarazione d’intenti oltre che il titolo di questa mostra, ci puoi raccontare come hai scelto i tuoi compagni di viaggio per questa collettiva? 
«Giovane non è sempre sinonimo di immaturità o inesperienza e giovani, ma con radici ben salde nel mondo dell’arte contemporanea, sono i nomi che ho scelto per il mio rilancio di Palazzo Angelini. Antonio Pallotta (Isernia, 1982), è architetto ed artista, lavora con l’Interarting coinvolgendo lo spettatore in giochi di colore che affascinano ed incantano, reduce da un progetto presso il Macro di Roma, le sue opere sono presenti in diversi spazi nazionali. Emanuele Resce (Benevento, 1987), cresciuto nel Sannio, molla tutto all’età di 18 anni e si trasferisce prima a Berlino per poi stabilizzarsi a Milano. La sua arte indaga lo spazio/non spazio, la materia/non materia e ricrea luoghi/non luoghi fondendo performance e land art ai nuovi media. Maria Luigia Gioffrè (Soverato, 1990) lavora tra Londra e Milano, artista visiva e performer, il suo lavoro tocca i temi della lentezza e della ripetizione, nonostante la giovane età vanta già riconoscimenti internazionali ed é stata inserita nella pubblicazione 2019 di Exibart dei 222 artisti sui quali investire. Roberta Feoli (Benevento, 1987) è docente della Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, nella sua ricerca i personaggi delle leggende messicane incontrano le Janare sannite che ha esposto in diverse parti del mondo. Vincenzo D’Argenio (Benevento, 1982) nasce come street-artist, nonostante sia autodidatta ha sperimentato con vari linguaggi nel corso degli anni, in particolar modo la fotografia, il video e il digitale. All’inizio di quest’anno la sua installazione multimediale D.F. è stata inserita nel cartellone di ART CITY in occasione di Arte fiera 2019 a Bologna, dove attualmente vive e lavora. Giovani del territorio, amici, ma soprattutto validi artisti che, come me, si sono fatti carico del fardello di un sogno partendo alla ricerca di una strada da percorrere, lasciando delle tracce indelebili in questo caotico mondo dell’arte contemporanea». 
La mission dell’antico Palazzo Angelini sembra essere quella di diventare un Museo Civico che possa ospitare Arte, Laboratori ed Eventi. Credi che un territorio come quello dell’entroterra, non certamente estraneo ma forse non sempre pronto ai linguaggi del contemporaneo, saprà approfittare al meglio di un’opportunità come questa? 
«So che non sarà impresa facile, Buonalbergo come la maggior parte dei centri “minori” dell’entroterra non è educato alle nuove avanguardie dell’arte, e questo non credo sia necessariamente un limite, anzi. Palazzo Angelini rappresenta una sfida, un rilancio delle piccole realtà e si pone l’obbiettivo di diventare uno spazio museale campano degno di questo nome. Di certo, c’è bisogno di fare degli interventi per adeguarlo a struttura di questo genere, renderlo più “neutro” e accessibile alla fruizione dell’arte, ma bisogna prima capire che cosa si vuole dalla struttura e dargli un’identità precisa. Palazzo Angelini ha delle ottime potenzialità e spero che le amministrazioni si accorgano del tesoro preziosissimo che può rappresentare per un piccolo centro come Buonalbergo, fonte inesauribile di storia e cultura cheha dato i natali alla Tomescu Scrocco e allo scultore Caggiano, artisti storicizzati e di fama internazionale, ma attorno alle cui tracce non è stato ancora fatto nulla».

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